I confini che respingono l’umanità
Sembra un altra era quella pervasa dalla speranza di un mondo che diventava sempre più aperto, una speranza che si scopre essere illusione. La realtà ce la rivelano tre vicende che stanno lì a dimostrare che i confini esistono ancora. Da nord a sud dell’Italia non importa che la frontiera sia in mezzo al mare o tra le montagne, i confini diventano più forti di qualunque sentimento di solidarietà.
La prima di queste tre vicende, simili nelle loro differenze, è quella che coinvolge la nave di salvataggio della Ong spagnola, Proactiva Open Arms. La procura di Catania ha disposto il sequestro dell’imbarcazione, ora ormeggiata nel porto di Pozzallo, Ragusa. La decisione viene dal procuratore Carmelo Zuccaro, lo stesso che la scorsa estate aveva criticato la condotta delle Ong impegnate nei salvataggi di migranti in mare. L’equipaggio della nave era accusato del reato di associazione per delinquere finalizzata all’immigrazione clandestina, prima che l’accusa maggiore cadesse per mancanza di indizi. Resta in piedi, invece, l’ipotesi di immigrazione clandestina. Lo si potrebbe definire un “reato di solidarietà” usando le parole di Rosa Emanuela Lo Faro, avvocatessa del capitano della nave. Infatti, il sequestro è conseguenza del rifiuto della Open Arms di consegnare ai guardiacoste libici i 218 migranti salvati nelle acque del Mediterraneo. Guardiacoste che, raggiunta la nave spagnola, hanno minacciato di uccidere gli attivisti se non avessero riconsegnato i migranti, come dimostra un video girato dallo stesso equipaggio.
L’accusa ha le sembianze di una decisione politica al di fuori di ogni logica legale perché il salvataggio è avvenuto a 73 miglia dalle coste della Libia, a cui le autorità marittime internazionali non hanno mai concesso una zona di ricerca e soccorso. Riconoscendo di fatto che quel paese non ne ha l’autorevolezza. E che consegnare i migranti alla guardia costiera libica significa consegnarli ai loro aguzzini e ad un paese immerso in una guerra civile cronica, dove i jihadisti e le mafie giocano un ruolo determinante.
Le altre due storie hanno, invece, luogo in montagna lungo il confine tra Francia e Italia. La prima riguarda Benoit Ducos, guida alpina, che sabato 10 marzo a 1900 metri, sul passo del Monginevro, ha soccorso una famiglia di nigeriani. La guida è indagata per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Rischia 5 anni di carcere per aver trasportato in macchina la madre, incinta di 8 mesi e mezzo e in travaglio, all’ospedale della cittadina francese di Briançon, aldilà del confine, dove la donna ha partorito d’urgenza con un taglio cesareo.
Se le prime due storie sono ancora aperte, la terza ha già un finale, un finale amaro. Sempre una donna nigeriana, anche lei incinta, e sempre il confine tra Francia e Italia. La ragazza di 31 anni il 9 febbraio scorso, insieme al marito, aveva cercato di passare il confine tra le montagne, in questo caso, però, imboccando la traversata del Colle della Scala. La donna era malata e voleva raggiungere la sorella in Francia. La gendarmeria francese, però, aveva respinto i due riportandoli in Italia nonostante le condizioni della donna. Rimasta più di un mese ricoverata all’ospedale Sant’Anna di Torino, è morta dopo aver dato alla luce suo figlio Israel. Nell’ospedale è immediatamente scattata una gara di solidarietà per aiutare il padre e suo figlio appena nato.
Se non ci si sofferma solo sul lato negativo delle tre storie, da ognuna di esse emerge chiaramente un autentico senso di solidarietà. È, però, una solidarietà che nasce spontaneamente dai singoli individui, attivisti e non. Quello che, invece, manca è lo stesso impulso di umanità da parte delle istituzioni, che a quel sentimento dovrebbero aspirare non perché guidati da una spinta morale, ma perché obbligati da leggi internazionali. Salvare un uomo in difficoltà in mezzo al mare o in alta montagna è un dovere, a prescindere da come la si pensi sul tema dell’accoglienza dei migranti.
Dopo essere arrivati ad una globalizzazione senza regole e spinta all’eccesso, ora siamo in un’attualità frustrata che scarica la propria rabbia sulle persone, le più indifese. In un tempo in cui ritornano le guerre commerciali e persino sulle merci si alzano barriere. Mentre, invece, il denaro non conosce nessun confine.
di Pierfrancesco Zinilli