Il magma greco sotto la cenere

La tragica combinazione di più eventi casuali sta dietro agli incendi che hanno colpito la parte orientale dell’Attica, la regione in cui si trova anche la capitale Atene. Un inverno piovoso che ha propagato la vegetazione e un’estate torrida, con i forti venti che hanno alimentato le fiamme. La conta delle vittime è arrivata a 88 ma rischia di salire ancora. Centinaia invece gli sfollati con le loro abitazioni finite in cenere. Molti hanno puntato il dito sulla scarsa cooperazione dei soccorsi, tant’è che si è arrivati alle dimissioni del ministro per l’ordine pubblico e la protezione civile.

Il colpo è stato duro, soprattutto per un paese che vive di turismo. E il tutto prende una piega beffarda se si pensa che a breve, il 20 agosto, il paese uscirà dal terzo pacchetto di salvataggio della Troika, ultimo del più grande programma di salvataggio della storia. Un ‘ritorno alla normalità’, tanto osannato anche dal premier Tsipras, in una situazione tutt’altro che normale. Con un tasso di disoccupazione ancora sopra al 20% e molti giovani costretti ad emigrare, la situazione economica rimane critica. Negli ultimi anni la Grecia, tramite una forte riduzione della spesa pubblica, è riuscita a trasformare un deficit di bilancio in avanzo primario. Per farlo però sono state necessarie misure draconiane. La ricetta di riforme strutturali è la stessa già ampiamente usata nelle crisi mondiali: liberalizzazioni, privatizzazioni e taglio della spesa sociale.

Le crisi finanziarie a livello di nazione nascono da un indebitamento eccessivo del paese, dovuto spesso a cattiva gestione e corruzione, ma allo stesso tempo da una poca lungimiranza e bassi incentivi dei creditori. La situazione in Grecia oggi assomiglia, con le dovute differenza, a quella della Germania negli anni successivi alla Prima guerra mondiale. I paesi vincitori imposero enormi sanzioni agli sconfitti. Sanzioni che rendevano impossibile qualsiasi prospettiva di rilancio economico e che alla fine, infatti, non furono mai ripagate completamente. Le politiche di austerity crearono le basi per l’ascesa del Partito Nazista, e non sorprende se in Grecia un partito apertamente ispiratovi come Alba Dorata sieda in Parlamento. Le misure di austerity e le riforme strutturali possono essere vantaggiose in tempi di vacche grasse, perché apportano benefici, quando lo fanno, solo nel lungo periodo e non quando ce n’è bisogno. I pacchetti di salvataggio, per molti, non sono riusciti a ricapitalizzare le banche nazionali in modo da portare una rinnovata espansione del credito. Né sono riusciti a fare da volano alle attività nevralgiche per le esportazioni, che in situazioni di bassa spesa interna sono necessarie a far ripartire l’economia. Per quanto possa sembrare controintuitivo, a volte un default può essere più auspicabile di anni di austerity come conferma l’esempio argentino. A volte è l’unico modo che i creditori hanno di riottenere denaro.

In molti negli ultimi giorni hanno visto gli incendi e la successiva gestione dell’emergenza come una perfetta metafora dello stato in cui versa Atene. Anche se pochi in Grecia hanno accusato direttamente l’Europa. La Grecia ha molte colpe da espiare nel suo recente passato. E la crisi globale del 2008 non ha che fatto venire a galla i problemi. Chiudendo i rubinetti e interrompendo il flusso di denaro da cui la Grecia dipendeva, grazie all’accesso ai facili prestiti di cui ha goduto a partire dal suo ingresso nell’Eurozona. Incolpare l’austerity di tutti i mali greci sarebbe sbagliato. L’austerity non è di certo la malattia, ma comunque, la cura peggiore.

di Pierfrancesco Zinilli