Al teatro Quirino va in scena “Il fu Mattia Pascal”, storia moderna sul più umano dei drammi
Era il 1904 quando Luigi Pirandello pubblicò il suo romanzo più famoso, certamente quello più studiato: “Il fu Mattia Pascal”. Un romanzo moderno perché moderno è il tema su cui l’intera vicenda del suo protagonista è costruita: la crisi d’identità. Un dramma che si snoda silenzioso nelle vite di noi uomini e donne del mondo contemporaneo, sballottati come Mattia Pascal dagli eventi della vita, sempre in bilico, pronti a fuggire da noi stessi, a cercare di essere qualcun altro per poi ritrovarci disillusi, prigionieri di una vita che non siamo stati in grado di vivere.
La grande modernità del testo pirandelliano si ritrova pienamente ne “Il fu Mattia Pascal” in scena al Teatro Quirino di Roma fino al 18 Novembre per la regia di Guglielmo Ferro con Daniele Pecci nel ruolo di Mattia Pascal.
Grazie a una scenografia essenziale (l’intera vicenda si svolge interamente all’interno di una biblioteca) ma funzionale all’evolversi della vicenda, lo spettatore si trova interamente proiettato all’interno del dramma vissuto dal protagonista. A favore dell’immedesimazione emotiva e psicologica gioca inoltre la grande abilità di Guglielmo Ferro, la cui regia semplice e lineare non sovraccarica la storia di fronzoli ma riesce a restituire pienamente le atmosfere che si ritrovano scorrendo le pagine del romanzo.
In un continuo gioco di flashback, dal lavoro del redivivo Mattia Pascal nella biblioteca di Miragno ai maneggi del disonesto amministratore Batta Malagna, passando attraverso la storia con Romilda, la fuga a Montecarlo, la prima morte di Mattia Pascal, la nuova vita a Roma come Adriano Meis, il finto suicidio e il ritorno a un’identità ormai svuotata, lo spettacolo si snoda senza perdere mai di vista il testo originale, evitando accuratamente inutili virtuosismi registici che non avrebbero fatto altro che sovraccaricare una storia la cui forza si basa invece sulla vicinanza nuda e cruda tra noi e Mattia Pascal.
A favorire questo sentimento di empatia tra il pubblico e il protagonista della storia è senza dubbio la brillante interpretazione di un Daniele Pecci intenso, capace di portare sulla scena tutti i chiaroscuri dell’animo dell’antieroe pirandelliano senza mai dimenticare il vero filo conduttore della poetica del grande scrittore siciliano: l’umorismo.
Accanto a lui da segnalare certamente anche l’interpretazione di Rosario Coppolino nel doppio ruolo di Don Eligio e di Anselmo Paleari e impossibile sarebbe decretare quale dei due gli riesca meglio.
“Il fu Mattia Pascal” in scena al Quirino riesce dunque in un’impresa non sempre facile da realizzare: quella di farci sentire vicini a un testo che, a distanza di 114 anni dalla sua pubblicazione, finisce col rivelarsi quanto mai attuale in un mondo come quello in cui viviamo in cui il tema dell’identità assume, tanto dal punto di vista psicologico quanto da quello politico, un’importanza crescente. Ed è così che forse ci sentiamo tutti un po’ Mattia Pascal.
di Martina Annibaldi