Il futuro è un bar con ghiaccio di Marte e poliziotte in algoritmo

C’è un verbo nella lingua spagnola, esternar, che più di debutar, debuttare dà il senso di certe prime teatrali. È il caso de Il menù del ghiaccio, di Marco Ferri, che il 24 novembre prossimo esterna, debutta al Teatro San Giustino di Roma. Esternar, in spagnolo, è proprio il venir fuori completamente nuovo, che deve essere ricevuto, in-augurato sulla scena del mondo con il rito del battesimo, ossia il conferimento del nome che gli donerà realtà, dignità, sacralità esistenziale. Marco Ferri, da copywriter, comunicatore esterna, riceve il suo battesimo di autore e regista sulla scena teatrale esattamente un anno fa, con la sua pièce Dannazione Donna. Lo riceve proprio sulle assi del Teatro di San Giustino nello storico quartiere Alessandrino di Roma, e con la compagnia, Signori, chi è di scena!Compagnia diretta da Monica Ferri, sua sorella, musa attoriale e complice di intrecci e invenzioni, elaborazioni tecno-sceniche.

Su quelle stesse tavole e con la stessa compagnia di allora, oggi Marco Ferri è a un secondo esterno, un secondo venir fuori, proprio nel senso di un apparire nuovo, in-atteso, rispetto al primo, ma che proprio per questo ha altrettanta urgenza di messa-in-esistenza, di nominazione scenico-battesimale. In Dannazione Donna, un anno fa, era il presente, l’oggi, l’attuale il protagonista-antagonista della condizione lavorativa ed esistenziale femminile. In questo  Il menù del ghiaccio, invece, la scena si apre sul futuro, sul domani, sull’inattuale. Quanto inattuale? Un uomo siede davanti al bancone di un bar con cameriere elettronicamente programmato e un menù di cubetti di ghiaccio da versare nel bicchiere che provengono dalle cime dell’Himalaya o dai canali di Marte. Può bere sì del vecchio caro whisky, ma il sistema informatico gli tiene sotto controllo i valori epatici, i trigliceridi e il colesterolo. Cosa succede, però, se una poliziotta si siede davanti a questa cara, antica mosca da bar, e gli chiede conto del tasso d’innamoramento, stratificato nel suo sangue dall’origine stessa e senza tempo dell’amore?

Quanto stratificato? Quanto senza tempo? Com’era l’amore all’epoca degli squatters, degli occupanti abusivi di case? Com’era quello dei piccoli leader della contestazione studentesca e politica, oggi magari arrampicatisi fino agli assessorati all’urbanistica, dei marescialli di polizia ammogliati e annoiati? Forse c’è un anello dell’eterno ritorno dell’uguale che – se pure smarrito dalle civiltà umane – continua a tenere legati gli eventi apparentemente più remoti di quell’immane infilata di universi paralleli, selettivamente operante dentro la nostra memoria, la nostra mente. Operante come un sogno, o un incubo ricorrente che incombe nel fantasma di quella prima Dannazione Donna, che riappare sulla scena, subito dopo essere rientrata in casa dalla centrifuga del massacrante multitasking lavorativo. Torna con altra corda in casa dell’impiccato, con altre forbici insanguinate nel sottoscala onirico del pio bove, manzo squartatore domestico, con altra formaldeide negli obitori in cui viene vivisezionata la civiltà.

La rappresentazione si disloca così lungo tre pièce, tre scene, tre tempi storici e della coscienza, attraversati da un coro che li apre, li chiude, sospendendoli in intervalli, stasimi, come nell’antico uso teatrale greco, a mo’ di sintesi narrativa e riflessione critica, ma qui con le movenze degli esercizi di Pilates, nuovo rito ginnico-apotropaico del contemporaneo. Una coreografia da gymnasium, palestra scenica curata da Giulia Fossà, sulla scia delle musiche composte da Paola Ghigo ed eseguite dal vivo dal Maestro Alberto Galletti. I costumi sono di Cristina Turella, la scenografia di Marzia Savi, il light design di Giovanni Pirandello. Monica Ferri, interprete protagonista, coordina la direzione di tutte le attrici e gli attori della sua compagnia: Elvio Belli, Davide Catini, Ferdinando Ciaccia, Paola Pilone, Heike Schellhaas, Cristina Turella, Giuseppe Vogelsang.

 

Sabato, 24 novembre 2018, ore 21; Domenica, 25 novembre, ore 18. Teatro San Giustino, Via Alessandrino, 144, Roma (Fermata Metro C Alessandrino).

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