Chillo è nu buono guaglione…
“ Chillo è nu buono guaglione fà ‘a vita e notte sott’a nu lampione…Chillo è nu buono guaglione e vo’ essere na signora, chillo è nu buono guaglione crede ancora all’amore e sogna a vita coniugale…”
Maurizio De Giovanni da corpo al testo della canzone di Pino Daniele, e lo veste con gli abiti di Bambinella, cucendogli addosso l’anima pura di un uomo non ancora donna, in tutte le sue contraddizioni terrene, senza contaminarne il candore dei sentimenti.
Da qui inizia “Mettici la mano” in scena al teatro Ambra Jovinelli di Roma, Antonio Milo nei panni di Maione, affiancato alla pari da Adriano Falivene, una Bambinella superlativa, nella recitazione, nella mimica e più ancora nel trasmettere la purezza del suo animo proteso verso gli altri, verso i disperati di una Napoli occupata dai nazistiprima e poi dagli americani.
Nello scantinato, sotto bombardamenti, il maresciallo Maione cerca rifugio con Melina (Elisabetta Mirra), una cameriera arrestata è accusata di omicidio. Si intrecciano le storie, si confondono i ricordi, si apre il cuore alla nostalgia e alla malinconia della disperazione di una quotidianità di sofferenza. La bontà d’animo del maresciallo Maione, viene “estratta” dalla purezza di Bambinella, in opposto contrasto con il suo abbigliamento e le sue movenze accattivanti, nel suo mostrare “amore” sincero verso un uomo che in fondo gli vuole bene.
Sotto le bombe, i dialoghi serrati, le battute azzeccate, il dialetto stretto e la mimica dei tre protagonisti, mette in risalto la perfezione di un ingranaggio, perfettamente sincronizzato da Maurizio De Giovanni nello scriverne il testo, messo in scena con una minuziosa attenzione ai particolari, dal regista Alessandro D’Alatri. La scenografia costruita da veri maestri d’arte, la polvere che cade dopo ogni bombardamenti, la luce che dondola e fa si spegne. La Madonna Addolorata con i suoi sette coltelli conficcati nel cuore, i sette peccati capitali, segno della avidità e della crudeltà umana, non sfiorano minimamente i i tre protagonisti, protetti da una anima pura come Bambinella e dalla bontà di Maione, salvano la ribellione di Melina nel suo farsi giustizia. Una giustizia umana che supera la legge pecche tiene conto dello stato d’animo di ognuno. Così la salvezza, nasce dalla giustizia giusta che sia anche giustizia sociale. Una giustizia che non può prescindere dalla condizione e dalla rivolta che nasce dall’essere schiavizzati e resi merce dal padrone di turno.
“Ommen’è merda” dice Maione all’unisono con Bambinella, per definire il Marchese che stupra Milena, mentre accolgono il suo atto di ribellione come atto di giustizia compreso anche dalla Madonna Addolorata, che non considera la ribellione come ottavo peccato capitale, e in segno di perdono fa cessare i bombardamenti.
Confine tutto la rappresentazione di “Mettici la mano” il teatro dell’Ottocento, là napoletani tra universale di Eduardo, la dosarla ironico-malinconico-comica di Scarpetta, con nervature contemporanee senza eccessi. Un capolavoro della teatralità partenopea che mette Maurizio De Giovanni tra i nuovi drammaturghi in grado di unire il passato con il presente, lasciando soddisfatti gli spettatori che applaudono e applaudono in segno di riverenza e consenso.
Claudio Caldarelli