A Malta nasce il movimento per il diritto all’aborto

Non è passato molto tempo da quando Maria Borg insieme a sole altre cinque donne, era in piedi sotto il sole e l’afa del caldo mediterraneo, per manifestare davanti alla sede del primo ministro, con un cartello in mano su cui si poteva leggere: “Benvenuti a Malta, paese in cui donne e ragazze sono solo incubatrici”.

Le donne che facevano parte del collettivo Voice for choice, davano il benvenuto ai leader europei, tra cui il francese Emmanuel Macron e lo spagnolo Pedro Sánchez, i quali partecipavano ad un vertice dell’Unione europea meridionale. Queste sei donne sono rimaste in silenzio per più di due ore durante le quali molte persone e turisti di passaggio si sono fermati per dare il loro supporto. La manifestazione trasmessa in diretta streaming su Facebook è stata riportata da tutti i principali mezzi d’informazione locali.

Per chi non è del posto, tutto questo può sembrare insignificante o eccessivo. Tuttavia per l’isola, una roccaforte della chiesa cattolica, è stata fondamentale. Una delle poche proteste per il diritto all’aborto nella storia del paese.

Prima della protesta Borg (22 anni che usa uno pseudonimo per timore di aggressioni e ripercussioni in rete), non aveva mai preso posizione pubblicamente per il diritto di interrompere una gravidanza. Temeva infatti la reazione negativa della sua famiglia e degli amici. La loro risposta invece è stata positiva, anche se in rete le cose sono andate diversamente. Sui social, le sei donne hanno ricevuto appellativi non solo poco edificanti ma addirittura aggressivi e irriverenti tanto da far temere per le loro vite.

Questa donna è una di noi, anzi è tutte noi e faccio mie le sue parole, perché le condivido e le sento forti, perché ogni forma di libertà va difesa con tutta l’anima. Così, attraverso lei, parlo io, esprimo il suo e il mio pensiero.

“All’inizio ero ansiosa e preoccupata. A Malta si ha paura di dire che si è favorevole al diritto di scelta. Ma io credo con tutta me stessa in questa causa e volevo agire, fare qualcosa, smuovere la rassegnazione che è la cosa peggiore. Vuol dire fermarsi a guardare e non ribellarsi, vuol dire cancellare il futuro, raggomitolarsi nell’oggi che diventa il “per sempre”. I paesi presenti al vertice hanno combattuto questa stessa battaglia negli anni sessanta e settanta. Dovevano e devono sapere tutti che cinquant’anni dopo qui da noi questo diritto è ancora precluso. Chi di voi sa per esempio che se si interrompe la gravidanza si può rischiare fino a tre anni di carcere? Ebbene sappiate che Malta è l’unico paese europeo che proibisce del tutto l’aborto, persino in casi di stupro, incesto e quando la salute della donna è a rischio. Le leggi sull’aborto in vigore oggi nel paese, sono tra le più rigide al mondo perché una donna che interrompe la gravidanza e il medico che l’aiuta possono rischiare tre anni di carcere ciascuno. E io non posso permettere che questa realtà non cambi. Io voglio per il mio paese un futuro migliore”.

E così persino a Malta, luogo in cui una solida maggioranza di abitanti è contraria al diritto all’aborto, la percezione pubblica si sta lentamente modificando, prendendo ad esempio paesi europei in cui fino a non molto tempo fa l’aborto era illegale. L’esempio più importante è stato quello dell’Irlanda che lo scorso anno, nel maggio 2018, ha legalizzato l’aborto a seguito di un referendum e che già nel 2015 aveva legalizzato i matrimoni omosessuali. Un cambio di rotta rapidissimo per l’Irlanda che ha abolito il divieto di divorzio solo nel 1995. Ed è da queste realtà che bisogna partire per lottare e farsi sentire, per ottenere ciò che si vuole, semplicemente il diritto alla scelta, un soffio di libertà per non sentirsi oppressi, ali per volare sempre più in alto, per toccare il cielo e dipingerlo non solo dei nostri sogni ma cosa ancor più importante, dei nostri diritti.

di Stefania Lastoria