Rom e Sinti, il genocidio dimenticato
“Ero rinchiuso ed era notte e c’era il coprifuoco, però ho sentito tutto. In piena notte sentimmo urlare in tedesco e l’abbaiare dei cani, dettero l’ordine di aprire le baracche del campo degli zingari, da lì grida, pianti e qualche colpo di arma da fuoco…” racconta Piero Terracina, sopravvissuto ad Auschwitz e testimone diretto di quella notte. La notte del genocidio dei Rom e Sinti nei campi dì concentramento durante la Seconda Guerra Mondiale. Quella notte, tra il 2 e il 3 agosto 1944, nel Zigeunerlager (campo degli zingari) di Auschwitz-Birkenau, furono trucidati circa 3.000 (tremila) Rom e Sinti, donne, bambini ed anziani.
Quella notte, il sangue degli zingari, le urla degli zingari, il pianto degli zingari, offuscò il cielo, saturando di rosso la terra. Quella notte, il pianto dei bambini continuò a scorrere, dalle guance arrossate fino ai solchi nel terreno. Quella notte gli anziani stringevano i bambini, asciugando le loro lacrime con la bocca, baciandoli per non farli sentire soli. Quella notte, quella drammatica notte di agosto del ’44, le donne, madri dei bambini che piangevano, coprirono invano, con i loro ventri, i loro figli. Ma le pallottole tedesche, penetravano con violenza le carni e i grembi, trafiggendo i bambini. I cani, avevano smesso di abbaiare perché mangiavano le carni spappolate delle madri e dei loro figli. Madri innocenti, colpevoli solo di essere Rom o Sinti. Figli innocenti, colpevoli sono di essere bambini Rom e Sinti, figli di donne Rom e Sinti. È il Porrajmos, divoramento, in lingua romanì, che provocò mezzo milione di vittime. Dimenticate. Un genocidio mai ricordato. Il Parlamento Europeo, ha scelto il 2 agosto come data per la “Giornata europea della commemorazione dell’Olocausto dei Rom e Sinti”.
Bambini, donne, anziani, uomini, sterminati nelle camere a gas. Trucidati nei campi dì concentramento dalla follia nazista. Mezzo milione di persone, nostre sorelle, nostri fratelli, nostri figli, uccisi, sbranati dai cani, torturati, usati come cavie negli esperimenti di genetica degli scienziati nazisti.
Quella notte. La notte del 2 agosto ’44, tremila Rom e Sinti furono sterminati. Raccontano i sopravvissuti che dopo i colpi, l’abbaiare dei cani, all’improvviso, dopo più di due ore di mattanza, tra urla, pianto è sangue che scorreva, rimase solo il silenzio. Un silenzio assurdo, pregno di morte, di dolore, di sofferenza. Dalle finestre, i sopravvissuti, videro il bagliore delle fiamme altissime del forno crematorio. L’odore acre della carne bruciata invase tutto il campo, avvolse le campagne vicine, arrivando dentro le case. Il campo degli zingari, lo Zigeunerlager era completamente vuoto. Si sentivano le finestre sbattere. Le baracche erano vuote. Vuote del calore dei piccoli Rom divorati dai cani. Vuoti del respiro delle donne che avevano abbracciato i figli. Vuote della nenia degli anziani che canticchiavano la ninna nanna ai bambini. Baracche vuote, piene dell’orrore nazista, della follia che uccideva donne e bambini. Porrajmos, divoramento, di una cultura che attraversava sui carri l’Europa, che portava pace e danza intorno ai loro fuochi. Cultura di pace e amore, mai compresa, sempre scacciata. La persecuzione dei Rom, ancora si consuma, oggi, nelle città europee, ogni qualvolta gli zingari vengono scacciati o segregati dentro campi senza servizi, ai bordi delle metropoli. In quei campi, tra le baracche e il fango, si sente il pianto dei bambini, di quei tremila bambini uccisi e divorati dai cani, la notte del 2 agosto del ’44.
Claudio Caldarelli