Nel 2022 aumenterà la spesa militare mondiale. La proposta di 50 Premi Nobel per ridurre la spesa per le armi

Cosa ci aspetta nel 2022? Tra le poche certezze c’è quella di un aumento della spesa militare, sia a livello nazionale che a livello globale. Ed è passata senza troppo risalto la proposta che ben 50 Premi Nobel hanno avanzato agli Stati Membri delle Nazioni Unite per la riduzione della spesa militare mondiale.

L’appello degli studiosi si fonda sulla consapevolezza che ci stiamo avviando ad una nuova corsa agli armamenti e che questo non può che condurre a nuovi e disastrosi conflitti.

“I singoli Governi sono sotto pressione e incrementano la spesa militare per stare al passo con gli altri Paesi” scrivono, tra gli altri, anche i nostri Premi Nobel Giorgio Parisi e Carlo Rubbia.

E i dati fotografano con chiarezza questa realtà che si chiede di cambiare: Stati Uniti, Cina, India e Russia sono, nell’ordine, i primi 4 Paesi per incremento del budget destinato a finanziare l’industria bellica. Secondo il report del SIPRI – Stockholm International Peace Research Institute- la spesa militare globale è raddoppiata dal 2000 ad oggi, arrivando a sfiorare i duemila miliardi di dollari statunitensi all’anno ed è in aumento in tutte le aree del mondo.

Anche l’Italia, undicesima nella classifica mondiale dei Paesi per spesa militare e quinta nella classifica europea, non si sottrae a questo trend di crescita. L’Osservatorio per le spese militari italiane Mil€X, ha calcolato un aumento di 1,35 miliardi del Bilancio del Ministero della Difesa che incrementa la spesa complessiva portandola alla soglia dei 26 miliardi di euro. Un aumento che corrisponde al 3,4% in più rispetto al 2021 e ad un 20% di incremento in 3 anni. Un miliardo di euro circa verrà speso per i nuovi armamenti.

I Premi Nobel, compreso il Dalai Lama, hanno richiesto all’ONU di ridurre le spese militari del 2% ogni anno per i prossimi 5 anni. L’idea è semplice: “La metà delle risorse sbloccata da questo accordo verrà convogliata in un fondo globale, sotto la vigilanza delle Nazioni Unite, per far fronte alle istanze più pressanti dell’umanità: pandemie, cambiamenti climatici, povertà estrema. L’altra metà resterà a disposizione dei singoli Governi”.

Ma passare dalle idee alle azioni non è altrettanto semplice, richiede cooperazione che è cosa diversa da alleanze strategiche nel timore di possibili attacchi. Gli anni ’70 non sembrano poi così lontani e le tensioni e i nuovi conflitti non sono più soltanto un rischio. A farne le spese, non solo in termini economici, sarà la società civile. Mantenere alta l’attenzione e chiedere a gran voce la riduzione delle spese militari come modalità di distensione è un impegno che ognuno dovrebbe prendere come proposito per questo nuovo anno.

di Nicoletta Iommi

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