Il Cardinale McElroy e le polarizzazioni nella Chiesa

La Chiesa Cattolica, ben lungi dall’essere un lievito nuovo capace di fecondare un mondo sempre più asfittico e arido, come al solito imita male il mondo e, in un tempo lacerato da sanguinose polarizzazioni, anche lei, nonostante i grandi sforzi e la incessante testimonianza di papa Francesco, si polarizza e si divide, tanto da far temere addirittura la possibilità di un vero e proprio scisma interno.

Cardinali come Robert Sarah da decenni denunciano lo smarrimento dei principali punti saldi della Dottrina cattolico-romana su temi nevralgici come il celibato dei preti, l’impedimento a ricevere la comunione per i divorziati risposati o per le persone lgbt, mentre papa Francesco continua ad aprire con coraggio verso quel mondo, affermando che la comunione non è un premio ai perfetti ma un farmaco per tutti gli umani. 

Esimi cardinali sollevano i loro “dubia” sui contenuti del pontificato di papa Francesco, creando un polo di “destra” conservatrice radicale e sempre più coeso, mentre il sinodo dei vescovi tedeschi continua ad andare dalla parte opposta su questioni attualissime come il sacerdozio femminile, le comunità lgbt, raccogliendo il sentire comune dei fedeli e creando i presupposti per una distanza da Roma sempre più marcata. 

La chiesa cattolica, quando il pontificato di papa Francesco compie i suoi primi dieci anni, si mostra dunque sempre più divisa. Una divisione facilmente intuibile se si guarda al complesso dialogo in vista dell’imminente sinodo in seno alla conferenza dei vescovi americani. 

Anche qui la divisione è sempre più profonda, e segue quella del mondo, tra una sinistra favorevole al dialogo, all’inclusione, all’apertura, e una destra sempre più arroccata su posizioni difensive. «Il Signore – ha recentemente dichiarato il cardinale Sarah, tra i più autorevoli esponenti della linea “tradizionalista” – non ci ha mandato a occuparci di migranti, di pace, di questioni sociologiche o umanitarie: sono questioni importantissime, non lo nego, ma non sono competenza della Chiesa: la Chiesa deve salvare le anime, portandole a Cristo». 

Tornando agli Usa, è del tutto evidente la sempre più forte divaricazione tra cardinali come Burke, Dolan, più vicini a istanze “di destra” e porporati come il vescovo di San Diego, California, Robert McElroy, che recentemente ha scritto sulla rivista dei gesuiti America due articoli che hanno fatto molto rumore. 

In questi due articoli il cardinale americano, fondandosi sulla teologia pastorale di papa Francesco, auspicava in vista del sinodo una radicale revisione delle regole sulla comunione ai divorziati risposati o alle persone lgbt, basandosi sulla centralità della misericordia nel pontificato dell’attuale papa. Queste, unite ad altre complesse istanze espresse da McElroy in due lunghi articoli, hanno spaccato ancora di più l’opinione pubblica legata alla Chiesa in due netti tronconi: chi a favore e chi contro le dichiarazioni del porporato, mostrando ancora meglio quanto siano profonde le divisioni interne al mondo cattolico. 

Ben lungi dal minimizzare tali questioni, mi sembra però utile rilevare che la Chiesa, come spesso le è accaduto, continua a litigare e dividersi su temi anche importanti ma secondari rispetto alla centralità dell’esperienza cristiana, che continua ad essere marginalizzata e non tematizzata. 

Il Cardinale McElroy ha scritto l’eucarestia non è un premio ma una medicina e la domanda più sensata che viene da fargli sarebbe: ma in che senso? In che senso lo è? 

La chiesa riesce oggi a incidere nelle vite, nelle esistenze profonde delle persone? Riesce a porsi come un’alternativa credibile per le nostre esistenze concrete? O, come scriveva Joseph Ratzinger già nel 1969, in tale ambito la Chiesa sembra aver smarrito la sua voce? 

Quando gli venne chiesto quale fosse il centro della fede cristiana un grande e sapiente vescovo cappadoce rispose la Vita, e quando gli chiesero di approfondire egli disse: quando tu diventerai scultore del tuo cuore, allora da Dio stesso sulla carne di esso saranno incise le sue parole divine che si incarneranno nel concreto della tua storia. 

Questo era il centro. Diventare Cristo, divinizzarsi, scoprire che noi siamo dei. Trasformare i cuori, mediante un’arte che i cattolici hanno clamorosamente quasi del tutto obliato e, non vivendo l’esperienza centrale di bere e dissetarsi, sembrano, in questo deserto, litigare sulla strada da prendere invece di correre verso le Oasi. 

Giacomo Fagiolini

 

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