La critica necessaria al capitalismo e alla sinistra

La disuguaglianza ha raggiunto livelli insostenibili. La povertà si espande a macchia d’olio. Due terzi della popolazione mondiale soffre la fame, la sete, la mancanza di sanità, l’assenza della scuola. La guerra, anzi le guerre sono la quotidiana esigenza del capitale che ne trae profitto. Tutto questo mina la coesione sociale. In questo caos economico, creato dalla economia del capitale, le uniche parole di critica vengono da Papa Francesco. La sinistra è muta. La sinistra si avvolge su se stessa e non esprime un cambio di passo. La disuguaglianza e direttamente proporzionale alla ricchezza concentrata nelle mani di pochi super miliardari.

“Occorre essere folli e ciechi per ignorare che il capitalismo è un sistema fallimentare. Tale fallimento si manifesta sotto tre profili: la crescente disuguaglianza sia a livello mondiale che all’interno dei singoli paesi, la tenuta della democrazia e la crisi climatica. Tali aspetti sono inestricabilmente tenuti insieme e non possono essere affrontati singolarmente senza una riflessione radicale sul funzionamento del capitalismo”. Così Fabrizio Venafro su Volere la Luna.

Una riflessione radicale che la sinistra ha abbandonato da tanti anni, senza più porre la questione del superamento del capitalismo, da sostituire con un nuovo modello di sviluppo basato sulla economia sociale. Quella economia sociale voluta da Papa Francesco, che rimette al centro la redistribuzione della ricchezza e la proprietà privata come bene comune. In questo nuovo modello di sviluppo, l’unico in grado di abbattere la povertà a livello mondiale, la ricchezza diviene bene comune. Una concezione nuova, che la sinistra, vicina o lontana dal PD, non prende in considerazione, avendo scelto, al massimo, di migliorare gradualmente questioni sociali, senza rimettere in discussione il modello di sviluppo, cioè il capitalismo.

Le disparità odierne, sono avvallate dalle istituzioni politiche e dai governi, non si capisce perché il 90% della popolazione mondiale più povera, non debba rompere un patto sociale vessatorio che lo lega mani e piedi al 10% più ricco. La ribellione e la rivolta, come in Francia, ma come in tanti Paesi, è l’unica forma di esprimere dissenso sperando in una nuova sinistra, politica e sindacale, che appoggi tali rivolte.

La disuguaglianza, e la correlata concentrazione di ricchezza in poche mani, esplose con il trionfo del neoliberismo negli anni ottanta, portando le società contemporanee ad assomigliare più al sistema feudale che ai regimi post-illuministici. La povertà è cresciuta e le classi più povere si sono ulteriormente impoverite a fronte dell’arricchimento smisurato del 10% più ricco.

Secondo il rapporto Oxfam del 2023, negli ultimi dieci anni, i miliardari hanno raddoppiato la propria ricchezza in termini reali. La disuguaglianza continua a crescere, come cresce la povertà e la fame. Cresce anche la guerra, che impoverisce i poveri e arricchisce i ricchi. Queste considerazioni, però, la sinistra non le metabolizza, anzi continua a rincorrere il sistema del capitale, pensando, a torto, di poterlo mitigare.

Concentrazione di capitale e disuguaglianza vanno di pari passo e hanno portato alla degenerazione della democrazia, per cui si assiste che i poveri, o gli ultimi della scala sociale, votano per coloro che li mantengono in regime di povertà e gli riduce gli spazi di partecipazione, ripristinando una visione distorta che la Resistenza aveva sconfitto. L’assurdo che si perpetua e si trasforma in assurdo acclamato dalle regole della democrazia alla quale stanno riducendo lo spazio di partecipazione. Dentro questa follia degenerativa, la sinistra ancora stenta a trovare un denominatore comune, in grado di raccogliere la sfida, in termini economici e in termini sociali: superare il modello di sviluppo neoliberista del capitalismo per passare ad una economia sociale dove la ricchezza e la proprietà privata sia bene comune, così come c’è la presenta Papa Francesco nella enciclica “Fratelli tutti”.

Claudio Caldarelli