L’attentato, le armi e la politica
L’attentato a Donald Trump ha scosso il mondo. Sembra incredibile che la violenza turbi il normale corso della politica, ma purtroppo accade fin troppo spesso. Talvolta è un uomo politico a rimetterci la vita (come non pensare a Lincoln, ai due fratelli Kennedy, a Martin Luther King), più raramente è uno sconosciuto sostenitore, come in questo caso. Forse accade negli USA più frequentemente che in altre parti del mondo, ma comunque la storia americana è costellata di attentati politici. Recentemente la violenza politica ha avuto un’espressione diversa e nuova nell’attacco a Capitol Hill, dove ha fatto cinque vittime, oltre a minacciare il cuore simbolico e politico della democrazia americana.
Mi è sembrata perciò fuori luogo la dichiarazione postata da Trump poco dopo l’attentato: “È incredibile che un atto del genere avvenga negli Usa”.
Purtroppo no, è credibilissimo.
D’altronde, dove un giovane può comprarsi un fucile d’assalto facilmente come negli USA?
Se ne ricorderà, Trump, che tale facilità è anche colpa sua, del suo partito e dei suoi sostenitori, che da sempre osteggiano i tentativi di regolamentare un po’ meglio la vendita delle armi?
Certamente il problema non si esaurisce qui, ma si può dire, con il dovuto rispetto, che in questo attentato la vittima designata ha anche un piccolo “concorso di colpa”?
Cesare Pirozzi