Mai Nato tanto al Tramonto
Trentadue paesi più ricchi al mondo si sono riuniti a Washington la scorsa settimana per deliberare non solo la prosecuzione, ma anche l’incremento dello sforzo bellico nel mondo. L’occasione è stata quella del 75° anniversario della Nato, North Atlantic Treaty Organization, l’alleanza militare guidata dagli Stati Uniti d’America con Canada, Turchia e i paesi europei che dall’Atlantico, al Mediterraneo, ai mari del nord arrivano a ridosso dei confini dell’attuale Federazione Russa. Invasa da quest’ultima, l’Ucraina non fa ancora parte della Nato, ma a Washington si è stabilito che il cammino per entrarvi è ormai segnato irreversibilmente. Dovranno essere, però, prima essere risolte non poche preoccupanti illegalità in termini di democrazia e corruzione politica. Nel frattempo, il vertice stanzia per sostenere Kiev altri 40 miliardi di dollari almeno. Si installeranno, inoltre, batterie di missili Tomahawk, a lunga gittata (2000 Km) in Germania, strategicamente puntati verso l’Orso russo. Questi, insieme ad aerei F-16, finanziati anche dall’Italia, potranno colpire direttamente e agevolmente quel territorio.
Non sfugge a nessuno che il portafogli dell’industria bellica mondiale si gonfia all’inverosimile, in proporzione diretta del livello di rischio per l’intera civiltà. Vogliamo qui, però, e di proposito escludere di riferirci soltanto a catastrofici esisti bellici che pure incombono sempre più sulla situazione mondiale. Ossia, vorremmo astenerci, astrarci dal continuo ricorso al fattore paura. No, preferiremmo riferirci alla civiltà, proprio come possibilità di uno sguardo diverso sul cammino esistenziale del pensiero e della coscienza. Consideriamo pure che ogni umano appaia a questo mondo inevitabilmente con la morte e la guerra dentro. O per dirla con Quasimodo, trafitto da un raggio di sole: ed è subito sera. Ecco, proprio questo è non un, ma il carattere cruciale, ossia della croce interiore, con cui la civiltà ci segna e che ognuno di noi non può che trascinarsi dentro e tracciare all’esterno.
Proprio in questi giorni è ricorso l’anniversario della nascita di un filosofo, naturalista americano, teorico e praticante della disobbedienza civile, Henry David Thoreau (12 luglio 1817- 6 maggio 1862). Intonata a tale crucialità è proprio una frase tratta dal suo libro Camminare: “Ogni tramonto a cui assisto fa nascere in me il desiderio di andare verso un Ovest remoto e puro come quello in cui il sole si inabissa. Sembra migrare quotidianamente a ovest, e ci tenta a seguirlo”. Thoreau non lo menziona, ma Occidente deriva dal latino “Ob-cidere”, cadere, declinare. Nel bene e nel male ogni occidentale non può che recare in sé il segno della propria civiltà. Dai tempi lontani di questo pensatore, però, l’Occidente è arrivato a dominare ormai l’intero pianeta: scientificamente, tecnologicamente, economicamente, come società dei consumi pervasiva e senza confini. L’occaso, ossia il tramonto sul dominio dell’essere, di ogni essere è perciò ineluttabile, incontrovertibile: in ognuno di noi, singolarmente, collettivamente e nella totalità dell’esistenza. Di qui l’attrazione trascendentale per ogni cadere giù del sole. “Ob-cidere”, occaso, però, è anche la non fortuita occasione, ma l’autentico, necessario ac-cadere, mostrarsi di un pensiero, di un sentire, di uno sguardo diversi.
Proprio questa l’occasione mancata a Washington i giorni scorsi. Dove erano, dove sono, infatti, tutti gli altri Paesi del mondo esclusi da quei trentadue, ma su cui questi pretendono di decidere? Non parliamo di quelli alleati o vicini a Russia e Cina, ma di quel Sud Globale, strutturale tuttora vessato da ogni potenza o sub potenza vetero o neo imperialista. Eppure, proprio l’equilibrio stabilito nel 1949, al termine della Seconda Guerra Mondiale, è definitivamente declinato oltre l’orizzonte storico e un nuovo equilibrio ineluttabilmente preme. Per questo mai vertice Nato fu mai tanto un andare giù, verso un nostalgico passato ormai al Grande Tramonto. Declino impietosamente, proprio perché incolpevolmente incarnato ì nel corpo e nella mente dei due opposti, eppure in questo simili candidati a guidare il vecchio impero dominate il ’900. Non l’occasione di immaginare, progettare uno assetto inedito, attraverso il coinvolgimento attivo proprio degli esclusi verso una diversa visione di giustizia e civiltà mondiale. No, un bieco e vano tornare a decidere proprio attraverso l’arma della paura, che è la prima fabbricante di ogni altra successiva arma e conseguente, continua volontà, violenta pretesa di dominio.
Riccardo Tavani