Io so i nomi…

“Io so. Io so i nomi dei responsabili di quello che viene chiamato golpe (e che in realtà è una serie di golpes istituitasi a sistema di protezione del potere. Io so i nomi dei responsabili della strage di Milano del 12 dicembre 1969. Io so i nomi dei responsabili delle stragi di Brescia e di Bologna dei primi mesi del 1974”.

La notte del 2 novembre 1975 fu commesso uno degli omicidi più cruenti della storia d’Italia. Pier Paolo Pasolini veniva ammazzato con ferocia disumana. L’italietta fascio-democristiana disse che se lo era cercato. Lo dissero anche molti esponenti di primo piano della “Intellighenzia comunista e di sinistra” che presero le distanze dal più grande intellettuale del novecento.

Giovanni Greco, scrittore, docente, pedagogo, attore e regista, al teatro Basilica di Roma, con “Jarruso” rimette al centro la verità sul delitto Pasolini. Solo, sul palco, come lo era Pasolini quando lo hanno massacrato a bastonate e poi investito più volte, con la sua auto, una Alfa Romeo Gt 2000 bianca, fino a fargli scoppiare il cuore. Jarruso una parola negativa tratta dal dialetto siciliano, dal significato ampio: frocio, omosessuale, puttana, pederasta, zoccola e tanto altro. E Jarruso era Pasolini. Ma, Greco, ci ricorda con passione che era molto, molto, molto di più, e che non ci sono parole altrettanto potenti per definire l’immensa forza intellettuale di P.P.Pasolini. “Un uomo che cerco la verità contro ogni conformismo, testimoniò l’ emarginazione, non ebbe paura di dare scandalo portando alla luce, in maniera disinibita e cruda, quelle frange estreme della società che nessuno voleva vedere”.

Pasolini che non aveva paura, iniziò ad avere paura quando ebbe il presentimento che la sua vita era giunta al termine, condannato dai poteri forti che denunciava senza remore. Si era reso conto che il sistema politico, economico e finanziario, aveva dato mandato ai servizi segreti, che da tempo tramavano con la strategia delle bombe: la strategia della tensione. Mettere paura al popolo affinché il popolo non votasse il cambiamento. Un periodo buio, nero, violento, fatto di golpe e golpes, di stragi, bombe, morti innocenti e eccellenti come Enrico Mattei presidente dell’Eni.

Tutto confluiva dentro una unica cinica, drammatica e sordida strategia. Giovanni Greco non tralascia nulla, solo sul palco, con una sedia, la camicia sporca di sangue, il sangue di Per Paolo, per non dimenticare e per ricordarci che il fascismo non è mai stato sconfitto.

Tutto si consuma all’idroscalo di Ostia, la periferia della periferia di Roma, nel fango di un campetto a fianco delle baracche di una umanità emarginata senza speranza e senza nessuna possibilità di riscatto. La stessa umanità che Pasolini cercava di togliere da quella condizione di schiavitù materiale ed intellettuale. Una umanità di disperati a cui Pasolini dava voce, dava dignità e speranza.

Le bugie, le false verità, gli insabbiamenti, la macchina del fango messa in moto dal potere per distruggere l’unico uomo che poteva distruggere quel potere.

Giovanni Greco ci racconta tutto, con impeto e passione, diviene egli stesso Pasolini quando urla e chiama la mamma. Gli occhi si commuovono, si bagnano, Greco quasi piange, talmente è dentro la storia che ne diviene parte di quella storia e ce la trasmette, facendoci strappare pezzi di camicia insanguinata. Facendo sentire lo spettatore solo, giù all’idroscalo di Ostia, periferia della periferia, facendogli sentire le bastonate e il cuore che scoppia. Io so i nomi, ma non ho le prove.

Con umiltà voglio ringraziare Giovanni Greco per l’enorme lavoro di documentazione e ricerca e per averlo condiviso con tutti noi. Grazie Giovanni.

Claudio Caldarelli