Mille anni di compagnonaggio a Notre-Dame de Paris
Si può essere o no cristiani e cattolici, ma non si può ignorare l’importanza di alcuni (per la verità sarebbe più giusto dire “dei molti”, perché l’elenco è davvero lungo) monumenti eretti dalla cristianità. Tra questi, spiccano le grandi cattedrali gotiche francesi: quella di Chartres, ad esempio, è stata per secoli la costruzione più alta del mondo, finché non fu superata dalla torre Eiffel.
Al di là dei record di altezza, lo stile gotico rivoluzionò l’architettura europea, rompendo con il romanico, che continuava le tecniche e lo stile di una più antica tradizione. Anzi, il termine “gotico” fu coniato da Giorgio Vasari nel XVI secolo, per indicarne il carattere barbaro e nordico, contrapposto alla classica e mediterranea armonia dello stile romanico e rinascimentale.
Una peculiarità dell’architettura medievale è che, il più delle volte, non si conoscono i nomi di coloro che hanno progettato e realizzato quelle opere. Mentre dal rinascimento in poi c’è sempre una “firma” (Brunelleschi, Michelangelo, Bernini, Borromini, per fare gli esempi più celebri), sono rimasti anonimi gli autori delle grandi cattedrali gotiche. Se è noto che Maurice de Sully, vescovo di Parigi, diede impulso alla costruzione di Notre-Dame, restano anonimi anche i maestri che la progettarono.
All’epoca, infatti, le opere architettoniche erano frutto di un’azione collettiva da parte di maestranze, guidate da uno o più maestri, che appartenevano ad una corporazione, o loggia, di muratori. I maestri, paragonabili ai moderni architetti e ingegneri, erano responsabili della progettazione e dirigevano i lavori. La mano d’opera non solo era altamente specializzata, ma anche dotata di notevoli capacità artistiche: molti di quegli operai hanno scolpito nella pietra i motivi ornamentali e le figure che oggi ammiriamo nei capitelli e negli altri elementi architettonici. Ma tutti, maestri compresi, lavoravano nell’anonimato, non avevano desiderio o necessità di apparire: si consideravano pienamente soddisfatti dalla perfezione del loro lavoro e da una giusta remunerazione.
Tali corporazioni, diffuse in tutta Europa, si spostavano dove il loro lavoro era richiesto, dimorando per gli anni o i decenni necessari a finire una costruzione, muovendosi spesso fuori del loro territorio d’origine, liberi di superare i confini politici.
In Francia, a partire dall’XI secolo, è nata una nuova, particolare organizzazione, nota col nome di “compagnonaggio” o “doveri”. Questa, oltre a fornire mano d’opera specializzata ai cantieri edili (carpentieri, lapicidi eccetera) ed ai laboratori (sellai, ebanisti, pasticceri eccetera), curava la formazione dei suoi apprendisti, insegnando loro il mestiere e facendoli perfezionare attraverso il cosiddetto “tour de France”, un viaggio nei diversi cantieri e atelier del Paese. Alla formazione tecnica si associava quella culturale e morale del discepolo. Tale tradizione è ancora vivissima in Francia, ed è Patrimonio Immateriale dell’Umanità UNESCO dal 2010.
La storia di Notre-Dame de Paris ci racconta una sorta di miracolo: i compagnoni francesi lavorarono alla sua edificazione otto secoli fa, i compagnoni l’hanno ricostruita e restaurata oggi. Nessuno, come loro, ancor oggi sa lavorare il legno e la pietra, perché, pur innovando, non hanno perso le competenze dei loro “compagni” medievali.
Non sono stati soli, per fortuna. Accanto a loro hanno lavorato anche maestranze italiane del Centro di Conservazione e Restauro “La Venaria Reale” e dell’Istituto Superiore per la Conservazione ed il Restauro; artigiani italiani hanno collaborato alla ricostruzione delle strutture lignee. L’architetto Carlo Blasi, esperto in strutture e stabilità di edifici storici e monumentali, ricco (purtroppo o per fortuna) dell’esperienza della ricostruzione della Basilica di San Benedetto dopo il terremoto di Norcia, è stato chiamato a collaborare all’impresa.
Ma la collaborazione, forse è inutile dirlo, ha coinvolto anche altri Paesi: in fondo, si lavorava ad un significativo pezzo del patrimonio culturale dell’umanità. Come i costruttori dell’antichità, anche oggi i ricostruttori non sono legati ai confini nazionali, ma hanno contribuito ad un’opera che culturalmente appartiene all’Europa e al mondo.
Il 7 dicembre la rinnovata cattedrale è stata inaugurata in pompa magna, con l’inevitabile corteo di Capi di Stato e di governo. Su questi si è focalizzata l’attenzione dei mezzi di comunicazione, distolti perciò dal più profondo senso storico di questo avvenimento. All’inaugurazione erano stati invitati anche John Elkann ed Elon Musk, per il loro “rilevante ruolo nell’industria e nella tecnologia”. Ma forse, con tutto il loro potere e i loro soldi, sfigurano un po’ al confronto dei compagnoni, degli artigiani, degli esperti che hanno saputo unire la storia e l’Europa in questa impresa senza tempo né confini.
Cesare Pirozzi