Elezioni in Turchia: le prime dopo le modifiche costituzionali

Il prossimo 24 giugno si terranno in Turchia le elezioni presidenziali e quelle per il rinnovo del parlamento.

Le elezioni, inizialmente previste per il mese di novembre, sono state anticipate per volere del presidente Recep Tayyip Erdoğan che mira a rafforzare il suo mandato in vista delle sfide economiche, dei numerosi conflitti interni e per meglio difendere le sue controverse scelte in politica estera, dall’intervento militare in Siria.

Si tratta di elezioni complicate per il “Sultano” turco. L’offensiva portata sulla città curda di Afrin, in Siria, ha scatenato l’indignazione tra la popolazione curda della Turchia e il voto dei curdi è fondamentale – come i risultati (contestati) del referendum costituzionale del 2017 hanno dimostrato – per il partito Giustizia e Sviluppo (AKP) di Erdogan.

Il Presidente potrebbe pagare anche le conseguenze del controverso colpo di stato militare del 2016 cui è seguita l’imposizione di uno stato di emergenza, ancora in vigore, utilizzato per reprimere ogni forma di dissenso.

Le votazioni si terranno con una legge elettorale che non rispetta le raccomandazioni OSCE tese a favorire un’ampia partecipazione dei partiti politici e della società civile. Ad accrescer i timori sulla regolarità del voto le decisioni del Consiglio Elettorale Supremo (YSK) che, per “ragioni di sicurezza”, sta modificando i distretti elettorali. Inoltre i seggi saranno gestiti da personale indicato YSK e non dai capi di comitato eletti dai partiti e le forze di sicurezza potranno collocarsi vicino alle cabine elettorali.

Anche la super politicizzata magistratura turca fa la sua parte. I membri del filo-curdo Partito Democratico dei Popoli (HDP) sono stati ripetutamente arrestati e incarcerati per presunti reati legati al terrorismo e dietro le sbarre è finito anche il candidato alla presidenza Selahattin Demirtas.

Quelle del prossimo 24 giugno sono le prime elezioni dopo le modifiche costituzionali che hanno trasformato il precedente sistema parlamentare in uno presidenziale.

I candidati alla presidenza sono sei ma la vera corsa è a due. La sfida si giocherà tra il presidente uscente Erdogan e Muharrem Ince, rappresentante del CHP, il più antico partito turco, kemalista e laico.

Entrambi battono le zone rurali alla ricerca dei voti dei nazionalisti turchi e delle minoranze curde.

Erdogan, primo ministro dal 2003 al 2014 e da allora presidente del paese, si presenta come il protettore dei musulmani. Durante i suoi anni al potere ha sostenuto le scuole islamiche, revocato il divieto di velo e promosso i valori familiari. I suoi oppositori lo accusano di voler islamizzare un paese che il suo fondatore, Mustafa Kemal Ataturk, ha costruito su una rigida laicità.

Muharrem Ince, deputato per quattro legislature, si presenta come l’alternativa a Erdogan e punta a conquistare tutte le componenti turche e anche gli elettori curdi. Ince è stato il primo candidato alla presidenza a chiedere la liberazione di Demirtas.

Selahattin  Demirtas è l’unico candidato curdo alla presidenza. Avvocato dei diritti umani, incarcerato dal 2016 con accuse di terrorismo senza aver ricevuto una condanna, privato del diritto alla campagna elettorale, potrebbe raccogliere molti voti tra i curdi e tra coloro che si oppongono ai ripetuti attacchi governativi alle libertà civili.

Meral Aksener, dopo aver abbandonato l’MHP, movimento di estrema destra, nazionalista e braccio politico dei Lupi Grigi, per divergenze sul sostegno al referendum costituzionale, ha fondato l’IYI che, stando ai sondaggi, raccoglierebbe oltre il 10% dei consensi. Aksener è stata ministro degli Interni negli anni ’90 quando l’esercito turco scatenò un acceso conflitto con il Partito dei lavoratori del Kurdistan (PKK) che portò all’arresto di molti attivisti. Una politica che le ha alienato il sostegno degli elettori curdi.

Tra i candidati anche Temel Karamollaoglu, leader dal conservatore e religioso Partito della Felicità che critica, da posizioni islamiche, l’Akp.

Importantissimi, anche se la riforma costituzionale ha ridotto i poteri dell’Assemblea, i risultati delle elezioni parlamentari.

AKP punta a raggiungere, con la coalizione Alleanza del Popolo che vede uniti il partito del presidente e l’MHP, la maggioranza assoluta.

Anche quattro partiti dell’opposizione (il laico-kemalista CHP, la destra nazionalista di IYI, il partito islamista SP e quello di centrodestra DP) si presentano alle elezioni parlamentari coalizzati nel cartello la Nazione.

Se, come prevedibile, Erdogan non dovesse ottenere la maggioranza assoluta al primo turno delle Presidenziali, la Nazione si presenterebbe al ballottaggio con un solo candidato.

E i giochi sarebbero tutti aperti.

di Enrico Ceci

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