Da Norimberga a Riace

I gerarchi nazisti processati a Norimberga non riconoscevano l’autorità di quel tribunale e, da un certo punto di vista, non avevano tutti i torti. Infatti, di solito, un tribunale persegue chi ha violato la legge. Ma loro si erano attenuti alle leggi del loro stato ed avevano obbedito agli ordini ricevuti: in base a quale legge li si processava?
Il buon senso, d’altra parte, ci dice che non sempre si deve obbedire e che qualche volta le regole devono essere violate: se qualcuno in più avesse disobbedito alle leggi naziste, il mondo oggi sarebbe migliore.
Qualche volta c’è un conflitto tra una regola, o una legge, e la giustizia, o il senso d’umanità. Non è che per questo si debbano violare le leggi che non ci piacciono (se no, che pacchia per gli evasori fiscali!); ma, sebbene quel conflitto possa essere difficile da risolvere, non si può né si deve rinunciare alla responsabilità di una scelta. Si può decidere di obbedire (e magari diventare un criminale nazista) o di disubbidire (e magari diventare un eroe): sia chiaro che, in quest’ultimo caso, si rischia di persona.
C’è, però, una cosa che ci aiuta a decidere: la gerarchia delle leggi e dei valori.
A ben vedere, anche il nostro ordinamento contempla l’esistenza di una gerarchia. Ad esempio, le leggi sono subordinate alla costituzione e, se io violo una legge incostituzionale non posso essere condannato: sarà piuttosto la legge ad essere abrogata.
Vi sono poi principi etici, rispetto ai quali anche le leggi sono subordinate. È per questo che la legittima difesa della vita (propria o altrui) non è reato, anche se si uccide una persona: situazione estrema, tanto cara a Salvini, che è soltanto un esempio tra tanti di “stato di necessità” e del prevalere di un principio riconosciuto.
Quindi c’è una gerarchia: prima vengono i principi etici fondamentali (per conoscerli si può far riferimento alla carta universale dei diritti dell’uomo); poi la costituzione repubblicana, che li recepisce; per ultime le leggi, che vi si adeguano.
Per queste ragioni Mimmo Lucano è innocente; per questo il suo arresto è incomprensibile. A prescindere dalla disamina dei fatti che, secondo me, porterà anch’essa a smontare le accuse.
Prima di tutto, non ha dato alcun contributo all’immigrazione clandestina: i migranti già c’erano, non li ha chiamati né, tanto meno, aiutati a venire. Doveva soltanto decidere se e come accoglierli. Lui ha applicato il principio etico di considerarli esseri umani a tutti gli effetti, poi l’articolo 14 della dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, e infine l’articolo 10 della costituzione italiana: li ha accolti. E lo ha fatto adottando una politica che attivamente potesse portare alla loro integrazione: li ha inseriti in quel tessuto sociale che l’emigrazione di tanti italiani da Riace aveva smagliato. Questo è, indubbiamente un crimine grave, perché sputtana le politiche finora portate avanti dallo Stato. Oppure è un’azione meritoria, perché dimostra che c’è un’alternativa.
Inoltre, gli ha dato un lavoro, applicando l’articolo 1 della nostra costituzione, che considera il lavoro un valore fondante. Nessuno può lamentarsi che questi neger stiano in giro ciondolando, parlando al cellulare o elemosinando. Lavorano. Hanno un documento d’identità, si sposano: tutte cose normalissime, non fossero immigrati clandestini. Ma tutte cose gravissime, se si sostiene che non c’è possibilità di integrazione, che l’unica soluzione è il respingimento.
Di fronte ai principi universali e costituzionali messi in pratica da questo rompiscatole (perché questo è Lucano per le nostre istituzioni) le accuse mossegli sembrano proprio impallidire. L’arresto sembra dettato più da una forma di pedanteria legalistica che non da ragioni sostanziali.
Comunque, Domenico Lucano, decidendo di fare riferimento a principi e leggi sovraordinate prima che alle regole burocratiche (e forse non in opposizione a queste), si è assunto una responsabilità ed ha rischiato in proprio. Non ha fatto sparire 49 milioni di euro, non ha violato il giuramento di fedeltà alla costituzione (ogni riferimento a fatti e personaggi reali è, ovviamente, casuale) ma è agli arresti. Così va il mondo, e ciascuno può trarne una morale

di Cesare Pirozzi