La nave Aquarius e le soluzioni troppo semplici di Matteo Salvini

Quello della nave Aquarius è un nome evocativo, rimanda a una costellazione, ma anche ad un contenitore di vetro pieno d’acqua dove nuotano pesci e vegetano piante. E il Mediterraneo, mare chiuso, è un acquario naturale: vi si incrociano venti, barchette di pescatori ed enormi petroliere, tradizioni, sapori, piccole storie e grandi epopee, animali e vetture, merci, idee, religioni, tradizioni, liangue e dialetti, uccelli migratori e uomini migranti. Migliaia di persone tentano di toccare terra sulle spiagge d’Europa, le più ricche, le più sicure.

Aquarius è una nave di soccorso gestita dall’organizzazione umanitaria europea SOS Mediterranée, ha 40 anni e da due incrocia nelle acque del Mediterraneo coordinata dalla MRCC di Roma. Da febbraio 2016 a oggi ha messo in salvo più di 27.000 vite umane.

Ha a bordo 32 persone in tutto: 11 di equipaggio, 13 del team di SOS Mediterranée e 8 di Medici senza frontiere. In sole 8 ore tra sabato e domenica imbarca 629 migranti, di questi 400 le vengono affidati dalla Guardia Costiera Italiana, altre 40 da un elicottero della Marina Militare Italiana. Ai limiti della capienza, mette in conto di rientrare in un porto italiano nel giro di poche ore.

Quello che Aquarius non mette in conto è il bluff da pokerista che il nuovo ministro dell’Interno italiano e vicepremier, Matteo Salvini, ha deciso di giocare a spese dei migranti e in particolare a spese di quelli presi in carico dalle ONG. Da giorni Salvini ha annunciato una linea più dura dei suoi predecessori e accusato gli altri paesi europei – soprattutto Malta – di non fare abbastanza per aiutare l’Italia.

Mentre in Italia si vota, nave Aquarius naviga in mare aperto, con 600 persone da mettere in sicurezza, intenzionata ad attraccare al più presto in un porto sicuro. E a quel punto che il Ministro dell’Interno italiano cambia le carte in tavola e chiede a Malta di accogliere Aquarius, minacciando di chiudere i porti (il Ministro dei Trasporti dirà poi che “non è mai stata all’ordine del giorno la chiusura dei porti italiani” alle navi che trasportano migranti). Matteo Salvini si gioca l’all’indel poker: per sfidare l’Europa scommette in una mano tutto quello che ha. Sa che l’Aquarius è una nave sicura, con cui non rischia, sa che la situazione dei migranti a bordo è ancora sotto controllo. Alza la voce, gioca sulla paura (si vota e l’allarmismo porta voti), ottiene facili consensi in un’Italia sempre più sfacciatamente razzista, aspetta che l’Europa si muova e che qualcuno si faccia avanti per farsi carico dei migranti.

Intanto sull’Aquarius, a 25 miglia da Malta e 35 dall’Italia, si aspettano indicazioni certe e cibo. Scrive una giornalista spagnola imbarcata: “a bordo dove ti giri vedi solo gente; ci sono persone di 20 nazionalità diverse, compresi 129 minori non accompagnati, 11 bambini e 4 donne incinte”.

Un manipolo di sindaci italiani dissidenti, di Napoli, Palermo, Messina, Reggio Calabria e Taranto offrono i loro porti all’Aquarius, che però resta ferma: in attesa di comunicazioni ufficiali da terra riceve cibo e medicinali via mare.

Finalmente è la Spagna a concedere alla nave Aquarius un approdo sicuro nel porto di Valencia. La nave, distante soltanto 35 miglia da un porto italiano, dovrà percorrerne invece 700 per sbarcare a Valencia, sovraccarica e con le condizioni di mare avverso. L’ennesimo calvario per i 629 naufraghi dopo la Libia, l’angoscia a bordo di barconi e 4 giorni trascorsi sul ponte di una nave.

Nell’aprile del 1961, Jurij Gagarin durante il suo volo nello spazio disse: “Da quassù la Terra è bellissima, senza frontiere né confini”.Oggi purtroppo i confini sono ancora la vera partita che l’Europa dei prossimi anni dovrà giocare e non sarà la partita facile che il Ministro dell’Interno Salvini vuol farci credere. Il suo slogan “chiudiamo i porti” è un messaggio semplice per menti semplici, basato sui luoghi comuni, che serve a nascondere l’infinita complessità di un’Europa da rifondare, di trattati da rivedere, di cancellerie da interpellare, di debiti da rifinanziare, di equilibri da riassestare, di principii da rinsaldare.

di Daniela Baroncini

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