Johann Trollmann, il pugile che sfidò il nazismo

Nell’oscurità della Germania nazista, un uomo spicca nel quadrato di un ring, un quandrato in cui si disputano incontri di boxe, il pugilato. Lui è Johann Trollmann, soprannominato “Rukeli” (albero) per il fisico possente e i ricci scomposti, non era un pugile qualunque, lui era un uomo che lottava non solo con i pugni, ma anche con il cuore. Nato nel 1907 ad Hannover in una famiglia Sinti, Rukeli trasformò il ring in una scena di rivendicazione e ribellione. I Sinti sono una etnia appartenente alla comunità romanì dell’Europa, volgarmente chiamati zingari.

Il suo stile era unico: movimenti rapidi, raffiche di colpi fulminei e un’eleganza che anticipava il genio di Muhammad Ali. Ma nell’epoca in cui il nazismo imponeva i suoi ideali razziali, Johann fu preso di mira. Sbeffeggiato dalla stampa che lo etichettava come “lo zingaro”, rispose con orgoglio, quella scritta, “Gipsy” (zingaro in inglese), la fece cucire sui pantaloncini. Il suo messaggio era chiaro, non avrebbe mai rinnegato le sue origini.

Nel 1933, in piena ascesa di Hitler, Johann vinse un incontro memorabile contro Adolf Witte, pugile ariano, conquistando il titolo dei mediomassimi. Ma il trionfo durò poco. Otto giorni dopo, il regime nazista gli revocò la cintura. Quando sfidò Gustav Eder per riconquistarla, gli fu imposto di combattere senza il suo stile dinamico. Trollmann rispose con un gesto beffardo: si presentò sul ring con i capelli tinti di biondo e il corpo cosparso di farina, caricatura vivente dell’ideale del “pugile ariano”. Perderà quell’incontro, ma non la sua dignità.

La persecuzione non si fermò. Privato della licenza, fu costretto a esibirsi nei luna park e, per proteggere la famiglia, accettò la sterilizzazione e l’esilio dalla moglie e dalla figlia. La guerra lo trascinò nel vortice dell’orrore, internato nei campi di concentramento, dovette combattere per divertire le SS.

A Wittenberge, la sua sfida finale contro un kapò ex pugile, Emil Cornelius, si concluse con una vittoria simbolica. Il giorno dopo, Cornelius lo assassinò.

Johann Trollmann fu dimenticato per decenni, come tanti altri rom e sinti vittime del nazismo. Solo sessant’anni dopo, la federazione pugilistica tedesca chiese scusa alla sua famiglia. La sua storia, però, rimane un monito, il coraggio e la ribellione possono risuonare più forte della violenza.

Trollmann non fu solo un pugile, egli fu un simbolo di resistenza. Un uomo che, nel suo ultimo round, colpì più duramente del nazismo stesso.