L’Italia avvelenata

C’è un’Italia che non si vede nelle cartoline. Un Paese che non è quello dei tramonti sul mare o dei campanili che suonano la domenica. È un’Italia che scava, interra, brucia e costruisce dove non dovrebbe e che fa affari sporchi con la terra, con l’acqua, con l’aria. In una parola è “Ecomafia”, un termine che sembra un richiamo all’ecologico ma che in realtà è sporco, come chi fa affari con la salute altrui. Le Ecomafie nel 2023 hanno guadagnato 8,8 miliardi di euro, soldi che profumano di cemento fresco e di rifiuti sepolti sottoterra.

Il rapporto di Legambiente, alla sua trentesima edizione, fotografa un’Italia che si sporca le mani più che mai. I reati ambientali sono saliti del 15,6%, “trentacinquemilaquattrocentottantasette” in dodici mesi. Novantasette ogni giorno, quattro ogni ora e il ritmo non rallenta.

 

La maglia nera appartiene al Sud. Campania, Sicilia, Puglia e Calabria tengono in mano il 43% del guadagno. Napoli è la capitale dell’ecomafia, seguita da Avellino, Bari e Roma. È come se la mappa del malaffare una precisa rotta, quella verso Sud cercando terre e silenzi compiacenti.

Ma non c’è solo il cemento, che continua a crescere come una pianta infestante con 13.000 reati. Ora a preoccupare è anche il ciclo dei rifiuti: 9.309 illeciti, un aumento del 66%. Discariche abusive, traffici di materiali tossici, spedizioni fantasma verso l’Africa e l’Asia. Ogni container può nascondere una storia criminale.

Poi ci sono gli animali: 6.581 reati. Caccia di frodo, allevamenti illegali, commercio di specie protette. E il patrimonio culturale ferito, con furti d’arte aumentati del 58%. L’agromafia che sfrutta la terra e chi la lavora, il caporalato che sporca le filiere del cibo. Un mosaico di illegalità dove ogni tessera brilla di un’avidità diversa.

Il quadro è cupo, ma non immobile. Crescono le denunce, 34.481, e gli arresti, 319, segno che qualcuno combatte. Legambiente chiede al governo di rompere l’indifferenza: più controlli, pene più severe, nuove leggi per difendere gli animali, la terra, il mare. “No ecomostri, no ecomafie”, gridano le vele di Goletta Verde navigando lungo le coste laziali.

Eppure, l’Italia resta divisa tra chi costruisce e chi distrugge, tra chi abbatte gli abusi e chi li condona. Il “Palazzo Mangeruca”, ecomostro di Torre Melissa, è caduto sotto le ruspe nel 2023, ma quanti altri restano in piedi, come cicatrici nel paesaggio?

Trent’anni dopo la prima indagine, Ecomafia non è solo un rapporto: è un noir che si rinnova ogni anno, scritto a più mani, con la penna del profitto e l’inchiostro del silenzio. Ogni dato è una traccia, ogni numero un colpo di pala nella notte.

L’Italia continua a vivere su un terreno fragile, dove la legalità affonda come nel fango dopo un temporale. Ma da qualche parte, sotto le macerie, c’è ancora chi scava per riportare alla luce la verità.

Eligio Scatolini

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