Tortura: giuristi battete un colpo

LucaEnnesimo rinvio, al Senato, dell’approvazione della legge con cui si tenta di introdurre anche in Italia il reato di ‘tortura’. Dopo 30 anni, nulla di fatto: ancora emendamenti e limature, fino alla sospensione del voto. Se ne riparlerà a settembre. Con la necessità, nel caso di ratifica, di un ritorno alla Camera per l’approvazione definitiva, in seconda lettura. Un percorso lungo ancora molti mesi.

Al di là del proprio orientamento politico, onestà intellettuale vuole che ci si interroghi sulle ragioni che incontra un disegno di Legge – quello sulla tortura – che non solo è adottato in gran parte dei paesi europei, ma che ha visto l’Italia subire il sanzionamento della Corte Europea per la ignobile vicenda della Diaz di Genova: con l’irruzione, il fermo e le violenze indiscriminate perpetrate della Forze dell’Ordine nei confronti dei manifestanti. Violenze, abusi e ‘torture’ per le quali – va detto – la Giustizia italiana, prima e in modo autonomo da quella Europea, aveva già condannato e destituito dirigenti della Polizia di Stato, sfiorandone i vertici.

Vale, dunque, la pena chiedersi quale possa essere la ragione di queste resistenze. Si dirà che esiste il timore – dichiarato-  di introdurre norme e divieti che vincolino il ‘braccio’  e l’efficacia delle Forze dell’Ordine. E’ indubbio, per ammissione di numero parlamentari, che molte perplessità nascono da questo punto: si teme che l’introduzione delle legge sulla tortura si trasformi in una legge ‘contro’ i tutori dell’Ordine.

Ma una simile ‘ragione’ è da rigettarsi, dal momento che segnala una visione strabica e schizoide dell’amministrazione e del rispetto del nostro assetto democratico, tale per cui l’efficacia del tutore della Legge starebbe, paradossalmente, nella possibilità di infrangerla. Ma questo, appunto, è paradossale.

E’ questa, allora, una grave forma di debolezza ed una deriva di pensiero pericolosissime, destinate certo ad aggravarsi con la minaccia terroristica che incombe, ormai, sulle nostre vite. Dobbiamo domandarci cosa resterebbe delle nostre ragioni civili se al volto martoriato di Stefano Cucchi non riuscissimo più a sovrapporre – per logica e dovere – quello di Giulio Regeni, piuttosto che confonderlo con i tratti dell’ultimo inqualificabile jihadista?

E’ un esercizio di freddezza, che ci deve spingere a chiedere la verità sulla morte di Giulio Regeni a condizione di pretendere – allo stesso modo e con la stessa determinazione – la verità sulla morte di Stefano Cucchi. L’orrore che ci assale di fronte alla vicenda di Regeni, non può stemperarsi nel considerare la in-credibile vicenda della morte di Cucchi.

Non possiamo permetterci due pesi e due misure, pena la dissoluzione del principio che sancisce valore e dignità alla vita di ogni essere umano: principio cardine di uno pensiero e di una cultura di Diritto che ci identificano da almeno 300 anni, da quando cioè Cesare Beccaria diede alle stampe il suo “Dei delitti e delle pene”

Allora, alla paura delle persone non può rispondere solo la politica e lo schieramento delle forze che provano ad identificarsi nel rassicurante ‘partito dei ‘poliziotti’. Il punto è mendace e non consiste nello schierarsi con o contro la Polizia. Si tratta di restare saldi nel Diritto.

Quale problema si pone alla mente onesta nel manifestare apprezzamento e riconoscenza per l’abnegazione – in molte circostanze ‘eroica’ – delle Forze dell’Ordine e, nello stesso tempo, pretendere da loro stesse la difesa di quel bene supremo che è il Diritto.

Difensori del Diritto sono, innanzitutto, giuristi e magistrati: è per questo che chiediamo loro una presa di posizione netta e forte, a partire dall’idea illuminista di Giustizia che ispira le pagine di Beccaria.

In occasione dei 250 anni dalla pubblicazione del suo “Dei delitti e delle pene” (1766) l’invito è che giuristi e magistrati ne riscoprano la lezione, la quale fonda il Diritto della persona e il principio della Legalità contro ogni forma di arbitro e di prevaricazione.

Traendola dalle olimpiche lontananze cui era confinata, Beccaria ha avuto il merito di riportare la Giustizia sulla terra, qui tra gli uomini. La sua riflessione sulla Giustizia nasce dall’idea illuminante che si debba “difendere l’uomo dall’uomo” e, in particolare, da un uomo capace di uccidere in nome di un ideale superiore.

Un modo di preservare e rispettare il Diritto su cui si fonda la nostra società civile – antitetico ad ogni fondamentalismo – passa anche nel chiamare le cose con il loro nome e chiamare ‘tortura’ la violenza legittima e gratuita che ha tolto la vita di due giovani – Giulio Regeni e Stefano Cucchi – non può farci alcuna paura.

Chiediamo a giuristi e uomini di Legge – se ci sono – di battere un colpo e di spendersi perché la politica non ci faccia più vergognare delle sue – non nostre – risibili e mendaci paure.

di Luca De Risi