Vaffangrillo Day

CamillieriFaccio outing: ho votato M5S nelle ultime tornate elettorali. Per inciso, in vita mia, ho votato un po’ di tutto, vado a ispirazione. Tranne Lega, perché sono un po’ terrone e non volevo metterli in imbarazzo che già bastavano Bossi e, ora, Salvini. Ora mi trovo in una situazione delicata, ho una cosa da dire a Grillo e non so che parole usare. Tempo fa ho aperto un dibattito sulla piattaforma pentastellata, chiedendo se non fosse il caso di relegare Beppe a semplice megafono; non nell’accezione che ne ha lui ma in quella tradizionale: uno di quegli oggetti che servono solo ad amplificare parole sputate all’interno degli stessi. È un po’ come quando dici al nonno di non aprire agli estranei, conservare la patente e limitarsi a buttare l’immondizia e pagare le bollette alla posta. È triste, lo capisco, ma il nonno rincoglionisce e comincia a far danni e l’unico modo per farlo sentire utile resta quello, meglio comunque che chiuderlo in un ospizio o fargli fondare un partito.
Il problema, non solo mio, è che il Movimento partiva come democrazia dal basso ma ora ha assunto una forma monolitica, Beppe dichiara apertamente che il capo è lui, tutto parte dall’alto, esattamente come altrove. Lo capisco che siamo una massa di idioti che si bevono le bufale dei siti del compianto Casaleggio, tipo Tze Tze, ma anche gli idioti hanno diritto ad un minimo di considerazione, nel mezzo c’è sempre qualcuno che la testa la usa e sa fare due più due. E due più due fa sempre quattro, come rifiuta di ammettere Grillo. A Palermo sono state falsificate delle firme, sono atti ufficiali, è roba che va sul penale, non ci sono giustificazioni. Eppure ha avuto la berlusconiana sfrontatezza di affermare che “una firma falsa non è una firma falsa (sic) ma solo una firma copiata”. Ora la spieghi alla Magistratura questa splendida favola. Le cose da fare sarebbero tre: star zitto, chiedere ai militanti cosa vogliano fare delle teste di quei falsificatori oppure buttar fuori tutte le persone coinvolte nello scandalo. Lui ha scelto la quarta.
Si era detto che le decisioni venivano prese a mezzo voto nella piattaforma pentastellata, com’è finita? Io ho votato un paio di volte per espulsioni ed epurazioni ma sui nomi più importanti non sono stato consultato. Ad esempio, avrei volentieri tenuto stretto uno come Pizzarotti ma nessuno me lo ha chiesto, hanno gestito la loro divertente querelle in splendida autonomia e fottendosene della base.
E vogliamo parlare di Roma? La Raggi se la sta prendendo comoda, ci sta. Non è una piazza facile e lei non era ben organizzata, mettiamola così, ma son passati alcuni mesetti e navighiamo ancora nel nulla, la “rete” ci prende per il deretano, spuntano spesso nomi scomodi come quello del fratello di Marra, o della Muraro dalle amicizie scomode. Dov’è Grillo? Vuol fare il boss, lo faccia a tempo pieno, prenda a calci la Virgy e la smuova dal suo stato catatonico oppure spieghi alla Lombardi ed alla Taverna come stare al loro posto ed evitare di creare dissidi interni. Anche qui, ha scelto la strada sbagliata, quella che avrebbe scelto un Renzi qualsiasi.
Il M5S continua ad essere una realtà pulita, a dire di molti perché non c’è stato il tempo di corromperla ma io non la penso così, continua a funzionare in qualche modo nelle piccole realtà ma nelle piccole realtà funzionano anche i sindaci di altri partiti, perché un buon amministratore può sfuggire alle logiche di partito e lavorare bene. Dunque, cosa resta da prendere in questo M5S? Una speranza, già in parte delusa. Si può ancora salvar qualcosa ma Grillo deve smetterla di fare il duce e deve limitarsi a fornire delle linee guida ed un’adeguata copertura mediatica, il resto spetta ai ragazzi di buona volontà. La Lezzi, Airola e Morra, come Pizzarotti o Nogarin, più in piccolo, hanno dimostrato che anche un dilettante può fare politica da professionista ma non bastano pochi casi isolati a salvare un intero movimento.

di Marco Camillieri

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