La nuova veste dell’otto marzo, a misura delle donne del mondo

Quest’anno non abbiamo vissuto il ricordo dell’8 marzo con chi l’avevamo fatto negli anni addietro.
Con avvilimento, con scoraggiamento, per avere constatato che anche questa ricorrenza è stata forzata a strumento di consumo da una pubblicità che parlava della donna, dell’amore in più che porta nella vita. Ma solo per vendere qualcosa …
E’ un segno del tempo in cui viviamo, lo sfruttamento attraverso il consumo indotto dalla pubblicità. Con impudenza, con un assedio continuo.
E questo proprio quando qualcosa accenna a cambiare nel mondo ingiusto e maschilista. Quel mondo che sulla violenza alla donna e sulla sua sottomissione ha fatto e continua a fare un modello di società.
Qualcosa accenna a cambiare quando, ci pare per la prima volta in Italia, un Presidente della Repubblica dice alle donne: “Vi ringrazio per la vostra quotidiana e spesso faticosa azione in favore di una società più equa, più accogliente, più solidale ed integrata”.
Ci sono presagi di cambiamento quando negli strumenti di oggi, in rete, può nascere un movimento come il “Ni una menos”, dall’Argentina delle “madres de desaparecidos” e di papa Francesco. Una forza nuova “Non una di meno” che ha saputo lanciare una prova di forza e un grido comune: Sciopero internazionale delle donne !
Uno sciopero internazionale non c’era mai stato, per motivi economici. E tanto meno per motivi etici, di diritti, di dignità.
E questa volta c’è stato. Per le donne, lanciato dalle donne. Con una connotazione comune, nei paesi del G7 e in quelli islamici, in Africa e in Cina e in India. Era ora. Come si disse qualche tempo fa: Se non ora, quando?
C’è solo da sperare che non rimanga un episodio senza seguito. Che la coscienza dei propri diritti sia l’innesco di una lotta giusta, condotta dal mondo femminile per una uguale dignità e per una società diversa, migliore, con più amore. Una società per cui mancano anche le parole .. Fraterno, umano, sono al maschile!
E’ uno sciopero che non urla, o forse lo fa, ma in un modo diverso, che si chiude, a tratti, in cucine che restano senza profumi, perché luogo deputato alle donne, lasciato senza le sue protagoniste, in un tempo reso più lento e, forse, più vivibile. E’ un linguaggio nuovo per raccontare al mondo quanto sia necessaria la forza vitale della donna, con il suo spirito di sacrificio, il suo accontentarsi di una vita in secondo piano, per essere da supporto a tutto l’Universo che la circonda. Lei che dell’Universo non è mai al centro.
Occorre ancora lottare per dimostrare che non si può vivere senza l’anima femminile del mondo, che il loro ruolo va accresciuto e non ristretto in luoghi di soggezione o secondari. Non supporto ma motore trainante, con un approccio e un sentire diverso delle difficoltà, da rivalutare.
Per far pensare, sia le donne che gli uomini, occorre combattere con uno sciopero delle donne del mondo, astenendosi dai compiti ordinari, dalle solite cose della vita di tutti i giorni, dai ruoli, per dimostrare di esserci, assentandosi.
Un otto marzo che dovrebbe essere per tutte la parte femminile del mondo, un mondo in cui alcune non sanno nemmeno che meritano di essere riconosciute come persone. In questo mondo condiviso da miliardi di persone, di cui la metà è femmina, per molte non esiste il diritto allo studio, alla cultura, alla scelta, al lavoro. Non esiste la parità, a volte nemmeno la considerazione del proprio pensiero. Se vengono violentate possono essere costrette a sposare il violentatore, se vengono uccise “se la sono cercata”, mutilate, messe a tacere, senza una pari dignità e retribuzione.
E non è un’esagerazione.
Scioperare per loro, perché un miglioramento della situazione, lo si deve ottenere. E lo dovremmo ottenere con la complicità e l’appoggio di quei quattro miliardi di uomini, che non ha senso considerare o vivere, in assoluto, come avversari. Uomini che però dovranno finalmente capire che non potranno più accettare una umanità “al maschile”, per una società più equa, più accogliente, più solidale ed integrata.

di Carlo Faloci e Patrizia Vindigni