I dati, la rabbia e la vergogna di una povertà tutta italiana

E’ arrivato il caldo e per alcuni questa è una buona notizia. Non perché amino la bella stagione, o forse si anche per quello, ma soprattutto perché estate sta a cambio di stagione, come i vestiti stanno alla Caritas.
Esistono tanti tipi di povertà. Da un punto di vista tecnico, si distingue una “povertà relativa” ed una “assoluta”: la prima riguarda quanti hanno difficoltà ad accedere a beni e servizi primari; la seconda invece rappresenta chi è del tutto impossibilitato a reperire beni e servizi primari, per cui si intendono acqua, cibo, vestiario ed un’abitazione.
Secondo dati Istat la povertà assoluta, nel 2015, ha riguardato 1 milione e 582 mila famiglie e 4 milioni e 598 mila individui. E’ forse l’unico dato che si mantiene stabile in Italia: ragionando infatti in termini di nuclei familiari, si è passati da un’incidenza del 6,3% nel 2013 al 6,1% del 2015. Se invece vogliamo vederla dal punto di vista dei singoli, addirittura si registra una crescita, dal 7,3% del 2013 al 7,6% del 2015.
Ad essere povero non è più solo il Sud, ma ormai lo sta diventando anche il Nord. Si stanno sgretolando tutti gli stereotipi che conoscevamo: un tempo si spingevano i propri figli, anche all’italiana maniera, ad entrare nelle grandi aziende, quelle che erano i fiori all’occhiello della nostra produzione. Essere assunti nelle principali case automobilistiche poteva essere equiparato ad un posto statale.
Queste stesse persone oggi si ritrovano o in cassa integrazione, o tra le file degli esodati, o ridotte all’Ape (la pensione che costa cara in termini di interessi), improvvisamente privati di tutte quelle sicurezze che avevano un tempo.
“Non avremo neanche la pensione, e non parlo di quella statale, mi riferisco a quella che ci si costruisce in autonomia: ogni mese, per sopravvivere, rubiamo un po’ dei nostri risparmi, finché non finiranno e non rimarrà più nulla”. Questo è quanto riferito in un’intervista su La7 da un operaio della Maserati, azienda che rappresenta il lusso per eccellenza, settore che certo non conosce crisi.

di Irene Tirnero

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