Elio Ciolini. Le sue rivelazioni tra profezia e effettiva conoscenza

L’attentato del 23 maggio 1992, nel suo venticinquesimo anniversario, porta con sé delle riflessioni delle quali una è sicuramente quella legata ai mandanti della strage. Di queste ombre dal passato possiamo, ancora oggi, quasi sentire il battito del cuore, freddo e sicuro, mentre le immagini della ricostruzione dell’attentatuni scorrono sullo schermo, emozionando solo alcuni di noi. Sono uomini che hanno perseguito il loro interesse, che hanno tutelato un sistema fortissimo, ben congegnato, contro il quale Falcone e Borsellino si erano lanciati, con tutta la loro capacità investigativa, nella speranza di abbattere il muro eretto tra questi (oscuri) personaggi e Cosa Nostra. Un muro costituito da accordi e connivenze, costruito insieme alla mafia. Non solo dalla mafia.

L’esistenza di depistaggi, l’accanimento fortissimo contro il giudice Falcone, avversato in ogni suo tentativo di servirsi della legge per combattere la mafia, che si trovò contro scrittori, giornalisti, politici, sindaci, che fu isolato mentre tentava di creare una rete di collaborazione e comunicazione per sconfiggere la maledetta piovra, tutto questo caratterizzò gli ultimi anni di attività del magistrato. La cui preparazione era tale da risultare possibile pensare che potesse riuscire a sconfiggere Cosa Nostra.

In lui credevano i puri di cuore. Contro di lui tramavano delle figure che sono rimaste nel buio, ancora oggi, dopo un quarto di secolo. Eppure, come ricorda il procuratore Scarpinato, dell’attentato aveva parlato con largo anticipo sui tempi, Elio Ciolini che, già il 4 marzo 1992, aveva inviato al giudice istruttore del tribunale di Bologna, Grassi, un breve appunto dove si prevedeva l’assassinio di un importante uomo politico democristiano ( che poi risultò essere Salvo Lima, ucciso poco tempo dopo) e il compimento di attentati dinamitardi. Il tutto per colpire l’opinione pubblica, per piegarla verso un percorso scelto e stabilito da forza massoniche deviate.
Se non fosse per quanto poi effettivamente accaduto lo si sarebbe potuto considerare il delirio di un pazzo.
In questi appunti Elio Ciolini indicava che erano state prese delle decisioni che servivano a governare la scena politica italiana, tramite un ritorno ad attentati e omicidi. Non facava nomi ma indicava la scelta di una strategia precisa.

Le indicazioni di Ciolini si realizzarono tutte puntualmente poco tempo dopo. Lima fu il primo a morire ammazzato, poi ci furono gli attentati in cui si uccisero i magistrati Falcone e Borsellino, infine la violenza si spostò più a nord. Gli attentati di Milano, Roma, Firenze ne costituirono lo sfondo. Nell’appunto di Elio Ciolini si leggeva: “Nuova strategia tensione in Italia – periodo: marzo-luglio 1992
Nel periodo marzo-luglio di quest’anno (1992 ndr) avverranno fatti intesi a destabilizzare l’ordine pubblico come esplosioni dinamitarde intese a colpire quelle persone “comuni” in luoghi pubblici, sequestro ed eventuale “omicidio di esponente politico PSI, PCI, DC sequestro ed eventuale “omicidio” del futuro Presidente della Repubblica.”
Una serie di bombe che vide scendere sul campo, per anni, in qualcosa che voleva somigliare ad una forte reazione dello Stato, l’esercito a presidio di strade, di punti sensibili, in un’atmosfera alla quale ci si abituò entro breve tempo. Nel frattempo la mafia proseguiva nei suoi traffici, accordi, nel tentativo, spesso riuscito, di stringere rapporti con imprenditoria e politica, con quella fetta di mondo che poteva (può) fornire protezione e accrescere le possibilità di guadagno.

Misteri e legami non risolti d’Italia. Unica evidenza: le stragi e la condanna degli esecutori materiali.

di Patrizia Vindigni

Print Friendly, PDF & Email