Perché Francesco ha ricordato: è parso bene allo Spirito Santo e a noi ..

Ha scelto le prediche a S. Marta, papa Francesco, per rispondere ai “dubia” che una minoranza estrema di prelati e di loro seguaci continua a sollevare sul cap. 6 della Amoris Laetitia. Un luogo dove il Pastore si rivolge al suo gregge per confortarlo, per guidarlo, per correggerlo. Ma anche un luogo dove può esprimersi senza resistenze curiali, essendo pienamente il Vescovo che parla alla gente, a cuore aperto, senza i “dubia” che assillano chi ha dimenticato il messaggio di amore dell’uomo Gesù che visse 2000 anni fa.

Anche perché c’è da ritenere che non di “dubia” si tratti, ma di ben altro…
In effetti, nella lunga intervista rilasciata dal card. Raymond Leo Burke, lo scorso 8 dicembre, al “Catholic World Report” (in essa sembra evidente che domande e risposte siano preordinate) si legge tra l’altro quanto segue:

D. E’ stato detto che la Chiesa si trova “de facto” in uno scisma. Lei è d’accordo?
R. C’è una severa divisione nella Chiesa … Se non chiarita presto, questa divisione potrebbe condurre ad uno scisma formale.
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D. Alcuni sostengono che il Papa stesso possa uscire dalla comunione con la Chiesa. Può il Papa essere legittimamente dichiarato scismatico o eretico?
R. Se un papa professasse formalmente l’eresia, cesserebbe per ciò solo di essere papa. Sarebbe automatico. Quindi sì, potrebbe accadere.
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D. Di chi è la competenza della declaratoria di eresia del Papa?
R. Dei membri del Collegio Cardinalizio.
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D. Giusto per chiarirsi definitivamente: sta dicendo che Francesco è caduto in eresia o è prossimo all’eresia?
R. No, non ho detto nessuna delle due cose.

Si comprende bene, quindi, perché a S. Marta Francesco, parlando della Chiesa delle origini, ha ricordato che anche allora c’erano due gruppi: quello degli apostoli, che discutevano i problemi e alla fine si mettevano d’accordo con l’ispirazione dello Spirito Santo, e dicevano “E’ parso bene, allo Spirito e a noi”… E quello di gente che allora come oggi, non per fede ma per ideologia andava a turbare la comunità cristiana, dicendo frasi come: “Questo che ha detto quello è eretico”…
Si comprende perché Francesco ha ricordato che il Magistero della Chiesa è quello del Papa, dei vescovi, dei Concili. Perché ha detto: “Oggi mi viene di chiedere la grazia di una obbedienza matura al Magistero della Chiesa”.

E’ consapevole, papa Francesco, delle resistenze all’interno della palude dei curiali ossificati nelle prerogative e nei privilegi. Anche perché le sta vivendo in tutti i loro aspetti, quelle resistenze. Ogni giorno. Con dolore. Ma anche con piena determinazione, perché è consapevole del compito irreversibile per il quale è stato scelto dal Conclave.
Basta pensare al tema della formazione e della scelta dei vescovi, per il quale nei lavori del C9 (il consiglio dei 9 cardinali per la riforma della curia) il relativo dipartimento continua ad essere oggetto di continue osservazioni, rallentamenti, modifiche.
E nella pratica si riscontrano veleni ed intimidazioni, come in Sicilia, dove la scelta del papa di mons. Corrado Lorefice ad arcivescovo di Palermo già era stata ricevuta con malumori, che si sono amplificati per la designazione a suo vescovo ausiliario di fra Giovanni Salonia, ragusano, anche con lettere anonime. Con una violenza tale da indurlo a scrivere al papa la sua rinuncia. Già, era stata ignorata la pratica di una terna di nomi espressa dai parroci delle diocesi siciliane, tra i quali ci sono stati alcuni martiri (pochi) della mafia, e molte collusioni.
Qualche altro problema ci deve essere stato all’ultima riunione della CEI (Conferenza Episcopale Italiana) dei giorni scorsi. In essa doveva essere espressa la terna dei nomi proposti al papa per la nomina del successore al card. Bagnasco alla presidenza.
Deve esserci stato perché Francesco ha rinunciato a fare la sua prolusione (l’ha data ai presenti come un testo di meditazione). E si è rivolto ai vescovi italiani con: “La mia idea è un dialogo sincero con voi, dove si domandano le cose chiaramente e senza paura.”

Non sono soltanto problemi interni ad una confessione religiosa.
Da laico, non posso dimenticare la sua lunga, commossa meditazione a Fatima, per chiedere la pace, una pace che metta fine alla terza guerra mondiale che si combatte a pezzi in sessantasette aree della terra.
Non posso dimenticare che per Francesco il futuro dell’umanità è una società di uguali per dignità e diritti, in cui il motore è la solidarietà e non può, non deve essere il profitto.
Non posso che sperare che il miliardo e mezzo di cattolici e cristiani sulla terra seguano il suo insegnamento di ritorno alle origini, ricordino che il principale comandamento è quello dell’amore verso Dio con tutte le forze, e verso il prossimo come se stessi.
Avremmo un mondo più giusto, solidale, libero dal bisogno. Avremmo un modello di società da proporre a tutte le donne e gli uomini della terra.
Avremmo un mondo con più amore.

di Carlo Faloci

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