Hanno ucciso Marielle, una voce degli Ultimi
Marielle era un’attivista brasiliana, nata in una delle tante favelas che costellano il paese, la favela di Marè. Era una sociologa, impegnata politicamente, desiderosa di lottare accanto agli ultimi del suo paese, accanto ai quali aveva vissuto. La sua volontà era forte, come il suo carattere e la sua determinazione a non piegarsi. Da tempo, oltre alle sue battaglie per i diritti dell’essere umano, denunciava i soprusi delle polizia nelle favelas, le violenze perpetrate a danno di chi ha una vita povera, difficile, caratterizzata spesso da violenze.
Voleva evitare che gli umili fossero costretti a subire, a vivere in un’eterna paura, mai tutelati.
E denunciava e urlava con forza il suo pensiero.
Un sorriso luminoso, in un volto bello e regolare, incorniciato da riccioli, una donna bella quanto lo era la sua anima e la sua intelligenza. E amata dalla gente che l’aveva votata, permettendole di diventare consigliera comunale a Rio de Janeiro.
Una donna nera, attivista politica, madre a 19 anni, lesbica. Era così che lei stessa si raccontava. Una donna tanto amata dalla gente quanto detestata da alcuni ambienti della polizia e della malavita. La polizia delle esecuzioni sommarie nelle favelas, che Marielle Franco non esitava a denunciare, che la donna tentava di ostacolare per liberare il suo popolo dei poveri dalla paura. Odiata per il suo coraggio.
E’ stata uccisa pochi giorni fa. La notte tra il 14 e il 15 marzo mentre stava tornando a casa, dopo una riunione. L’hanno attesa. Seguita per qualche chilometro. Raggiunta. E hanno sparato tredici colpi di calibro nove. Quattro l’hanno raggiunta alla testa. Altri tre hanno raggiunto il suo autista. Sono morti entrambi. Non avevano scampo.
Il commando era preparato e l’ordine era quello di non lasciare possibilità di sopravvivenza. Un’esecuzione.
Marielle e il suo autista sono restati lì, simbolo di una battaglia dura da vincere, in cui chi dovrebbe difendere è sospettato di essere coinvolto nell’omicidio. I proiettili che l’hanno raggiunta sembrerebbero infatti appartenere ad un lotto in dotazione della polizia di Rio de Janeiro, in quanto venduto dalla CBC alla polizia federale di Brasilia nel 2006.
Si vuole scoprire chi è stato, perché questa donna era forte e innamorata dei deboli, delle classi senza voce. Lei che avrebbe potuto rimanere, una volta eletta, nel chiuso dei palazzi del potere, scendeva in strada, partecipava alle riunioni con la sua gente. Era rimasta la giovane donna proveniente dalle favelas con un mucchio di sogni da realizzare, con la grande capacità di realizzarli.
Dopo la sua morte le strade si sono riempite di migliaia di persone, che ne hanno invocato il nome in cortei lunghissimi, chiedendo giustizia. Dopo la sua morte il suo spirito di combattente ha continuato ad esistere, vivendo nei cortei e nel desiderio di porre fine alle violenze. La figlia Luyara Santos ha scritto al Papa, che ha telefonato alla famiglia, per portare loro anche la sua parola di conforto e solidarietà. Resta da sperare che la sua morte sia il seme per la nascita di altre mille Marielle, con la stessa, identica anima fiera.
di Patrizia Vindigni