“Avrei voluto essere una formica”: l’amore come faro nel buio delle violenze domestiche.

Silva Gentilini ad Orvieto presenta “Le formiche non hanno le ali”.

Nella serata del 9 marzo presso “Lo Scalo Community Hub” di Orvieto Silva Gentilini, scrittrice, consulente e story editor, ha presentato il suo primo libro “Le formiche non hanno le ali”. L’evento, come già detto in precedenza, è stato il secondo di una rassegna sulla figura dell’altro nata da una collaborazione tra l’Istituto Universitario Progetto Uomo e Lo Scalo Community Hub. L’incontro è stato introdotto dalla prof.ssa Cristiania Panseri, avvocata e criminologa, docente presso l’Istituto Progetto Uomo e la dott.ssa Elisabetta Ruina, educatrice e laureanda magistrale presso l’Istituto, ha dialogato con l’autrice.

Il libro, tanto bello quanto toccante, affronta temi reali seppur poco conosciuti nei contesti comuni quali l’abuso e la violenza domestica: leggendolo però non si avverte sconfitta o vittimismo di Silva Gentilini, bensì un senso di vittoria e rivalsa dell’autrice nei confronti della crudezza della vita e di quell’uomo, suo padre, che ha fatto di tutto per rubarle la luce ma che, fortunatamente, non ci è riuscito. Nell’incontro precedente la figura dell’altro si concentrava sulle dinamiche di amore e potere nella coppia lesbica, in questo caso l’altro è un padre violento che crea un clima di terrore e paura nell’unico posto in cui ognuno dovrebbe sentirsi al sicuro, casa propria.

L’accompagnamento musicale a cura della meravigliosa voce di Cristiana Cicarilli e della tastiera di Vittorio Tarparelli ha permesso di commentare insieme ad Alberto Giovannini brani di cantautorato che affrontano il tema della violenza e dell’abuso in famiglia coinvolgendo, grazie a “Sally” di Vasco Rossi, “Labbra Blu” di Diaframma e “Mio zio” di Carmen Consoli, le emozioni del pubblico.

Prima di iniziare a parlare del proprio romanzo Silva ha aperto l’incontro con un video dove “Nothing Else Metter” dei Metallica faceva da sfondo musicale a foto della propria famiglia e brani tratti dal libro. “Quando saliva le scale la paura ci aveva già in pugno, ce lo leggevamo negli occhi con domande mute che rimbalzavano da una all’altra ‘Di che umore sarà? Qualcuno lo avrà fatto arrabbiare?’ Fluttuavamo come alghe in attesa di essere rastrellate.”

Il libro non racconta solamente la storia di Emma, alter ego di Silva Gentilini, ma anche quella di Margherita, bisnonna dell’autrice a cui Silva, leggendo lettere che ha ritrovato nei cassetti e osservando le foto, si sente molto legata dal momento che nella sventura si sono ritrovate a distanza di molti anni a condividere un destino comune, abbandonare il proprio primogenito nella speranza di assicurargli una vita migliore: Margherita a sedici anni è una ragazza madre nei primi anni del ‘900 e decide di lasciare Amelio, nonno dell’autrice, in un convento per andare in America con la promessa solenne che un giorno sarebbe tornata a prenderlo, Emma, dopo una violenza carnale subita dal padre, a sedici anni rimane incinta e decide, per il bene dell’equilibrio della famiglia ma soprattutto di quel figlio/fratello che non aveva colpe, di dare in adozione il bambino con il costante desiderio che la accompagnerà per tutta la vita di ritrovarlo e sapere che sta bene.

Margherita ed Emma, nonostante la vita le metta continuamente alla prova, sono due donne forti e determinate che non si lasciano abbattere dalle difficoltà, affrontano sempre a testa alta in epoche diverse ma comunque molto simili un mondo fatto di uomini convinti di poterle sottomettere e donne che si sentono in diritto di giudicarle. Non hanno permesso che le vicende e la cattiveria degli altri indurissero il loro cuore ma hanno compreso che l’unica salvezza contro quelle crudeltà che avevano vissuto era l’amore: “Se non fosse stato per mia madre adesso non saprei cos’è l’amore, è grazie a lei.”, così afferma Silva Gentilini quando le viene domandato come ha visto negli anni la figura di sua madre, vittima quanto lei delle violenze casalinghe. Per Silva l’amore di sua madre le ha dato la forza e la spinta per riuscire a donarlo a sua volta, a quel bambino mai conosciuto, al suo ex marito, a sua figlia, al suo compagno e l’ha resa la donna dolce e sorridente che con determinazione e a volte qualche momento di commozione racconta la sua storia, fatta di mostri e momenti bui ma anche di vittoria, speranza e amore.

Elisabetta Ruina

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