Viaggiare in treno: una corsa ad ostacoli

Il Frecciarossa Torino-Roma arriva puntualmente alla stazione Termini. Quattro ore e dieci minuti di viaggio programmate e, incredibilmente stante la attuale situazione ferrovie, rispettate. Ambiente ovattato, pulito decentemente, aria condizionata, comode poltrone, piccolo tavolo che comunque consente di poter lavorare al computer ad un professionista, presa di corrente per ricaricare le batterie di laptop, telefoni o tablet, Wi-Fi, film in streaming di cui poter usufruire compresi nel biglietto, bagni puliti, carrozza bar. Costo andata e ritorno 236 €. Circa 1000 € per una famiglia di 4 persone! Non proprio economico!

Appena messi i piedi a terra alla stazione Termini, ci si accorge che la musica è cambiata. La folla si muove in maniera caotica, ma forse è tipico delle grandi stazioni. Mi avvio, seguendo indicazioni non molto evidenti, verso la metro A, ai piani inferiori. E il caos aumenta. Provo ad accedere, ma il lettore del varco di accesso non funziona e non legge i biglietti elettronici preventivamente acquistati. Mi rivolgo all’addetto in guardiola che, dopo verifica, sblocca l’accesso. Una folla in attesa sulla banchina è la conferma di essere precipitati nella bolgia costituita dai trasporti pubblici di Roma Capitale; un inciso: mi sono sempre chiesto il perché di quella dicitura, Roma Capitale. Quasi a suggerire che esiste un’altra località in questo paese che porta il nome Roma e sia quindi necessario distinguere. A me non risulta, ma…

Dopo un breve tragitto, compresso nell’affollatissima carrozza, scendo alla stazione Flaminio, con l’intenzione di recarmi alla stazione della ferrovia Roma-Viterbo per raggiungere la stazione di Montebello, con quella che, quando viaggiavo da studente e forse ancora oggi, viene chiamata corsetta. Anche qui i lettori ottici si rifiutano di funzionare. Giro intorno lo sguardo alla ricerca di un addetto. Il deserto assoluto. Nessuno a cui rivolgersi: tutti gli uffici sono chiusi, e sono le 19,00 circa, orario in cui molti viaggiatori tornano dal lavoro. Il treno sta per partire, scavalco il varco e salgo. Se le linee metropolitane presentano molti problemi e disfunzioni, qui siamo nel degrado più completo: il sistema di annuncio della stazione successiva non funziona; le indicazioni luminose, delle semplici lampadine in corrispondenza del nome della stazione, estremamente sbiadito, bloccate sulla stessa posizione; nessuno spazio per carrozzini o per disabili, che comunque non potrebbero salire, viste la barriere architettoniche, alla stazione di piazzale Flaminio, il terminal ferroviario della tratta Roma-Viterbo; i nomi sulle stazioni, costruzioni ormai fatiscenti che la vegetazione sta ricoprendo, illeggibili di giorno scompaiono all’imbrunire; e, da ultimo ma non meno importante, la sporcizia. Sulle pareti, sui vetri, sulle sedute, ovunque si può dire, uno strato di sudiciume che potremmo misurare in millimetri di spessore. Quelle carrozze non conoscono il lavaggio probabilmente da anni. Una volta scesi ti rimane addosso il cattivo odore. Delle vetture in quelle condizioni suscitano l’impressione di aver viaggiato su un treno dell’India coloniale; di un altro secolo però si parla in questo caso.

La tratta di cui si parla, il cui terminal è praticamente a Piazza del Popolo, nel cuore del centro storico di Roma, è la ferrovia Roma-Viterbo, che dovrebbe essere metropolitana tra piazzale Flaminio e Morlupo. Essa interessa i quartieri nord di Roma: Flaminio, Parioli, Tor di Quinto, Labaro, Prima Porta; e i paesi lungo la via Flaminia: Sacrofano, Riano, Castelnuovo di Porto, Morlupo, Magliano, Rignano. La popolazione interessata assomma ad una cifra compresa tra le 100 e le 150mila persone, la cui maggioranza è costituita da pendolari. Una quantità di persone di gran lunga maggiore degli abitanti di gran parte dei capoluoghi di provincia italiani. Si tratta di “lavoratori e studenti, non animali disposti a viaggiare su carri bestiame”, come recita un volantino del comitato pendolari ferrovia Roma nord; pendolariromanord.com questo il sito web sul quale si possono trovare informazioni dettagliate sulle disfunzioni di questo ramo ferroviario e altri come la Roma Lido. Chiunque può comprendere quanto sarebbe importante che questa tratta funzionasse a dovere e fosse adeguata e resa tratta metropolitana con doppio binario, stazioni a norma di legge, infrastrutture relative. A nessuno può sfuggire la ricaduta a livello economico ed ecologico che avrebbe sulla zona interessata.

Non avevo ancora 18 anni, ne ho 68, quando si iniziò a parlare del prossimo adeguamento a servizio metropolitano del tratto di ferrovia Flaminio- Morlupo. Sono passati 50 anni, mezzo secolo, ma la classe politica, che nel tempo intercorso ha gestito la regione Lazio, ha disatteso la realizzazione di questa importante infrastruttura. Nel frattempo è andato in porto il progetto di raddoppio parziale tra la stazione di Riano e la ex stazione di Magliano. A cosa serve un doppio binario preceduto e seguito da un singolo binario? Se passerà un altro mezzo secolo per completare il tratto Montebello-Riano sarà l’ennesimo sperpero dei soldi pubblici, i nostri. E continueranno i tanti, troppi disagi e la giornaliera soppressione di corse, spesso neanche annunciata: ci si rende conto della cosa perché il treno non arriva.

Se posso immaginare la noncuranza dei politici regionali, lontani, che non vivono neanche di riflesso i problemi indotti, non riesco però a capire il disinteresse che mostrano i politici locali, gli amministratori dei comuni e dei municipi interessati, che non sembrano affiancare, e dovrebbero invece guidare, i giusti movimenti di protesta spontanei. Gli amministratori, le autorità competenti tutte, dovrebbero essere a fianco nelle battaglie di coloro che reclamano un diritto, e non soltanto nei momenti elettorali. Vorrei esortare gli amministratori ad agire, a mettere sul piatto della bilancia il peso della loro figura istituzionale, e del mandato ricevuto dai cittadini che li hanno eletti, non solo per fare i conti economici, ma anche per rimuovere i problemi e promuovere lo sviluppo del territorio. Tali comportamenti sarebbero anche un segnale di un riavvicinamento alla società civile della classe politica, che troppo spesso mostra di essere avulsa da essa, insensibile, e comunque incapace di interpretarne le reali esigenze.

Corrado Venti