Le varie forme della violenza di genere
Potere, linguaggio e corpo delle donne.
Nel mondo odierno, sempre più condizionato da stimoli polarizzanti, emerge come l’azione educativa non sia mai neutrale, pertanto ignorare la complessità delle questioni, e quella di genere in particolare, significa, di fatto, perpetuare squilibri e disuguaglianze già esistenti.
Con questa consapevolezza è stato fondato ed opera il Centro Studi di Genere dell’IPU – Università Pontificia Salesiana sede Aggregata della Tuscia, che nell’ambito della sua attività di ricerca ha organizzato una serie di convegni, tra cui uno sulla medicina di genere ed uno, il 29 novembre 2024, dal titolo “Linguaggio di genere. Genere di linguaggio”.
Quest’ultimo incontro ha fatto emergere con forza il ruolo fondamentale svolto dalla scuola e dall’università nel contrastare gli stereotipi di genere e nel promuovere una lettura critica della realtà.
Nel presentare la giornata di studi la Professoressa Cristiania Panseri ha sottolineato come la violenza di genere sia un fenomeno complesso e multidimensionale che richiede una pluralità di interventi, e come il lavoro culturale ed educativo sia fondamentale ed imprescindibile per prevenire efficacemente il fenomeno.
Il linguaggio, in particolare, è stato identificato come uno degli strumenti chiave attraverso cui si manifestano discriminazione e violenza. Infatti, le parole non sono mai innocue: possono ferire, marginalizzare e perpetuare stereotipi e hanno il potere di plasmare la realtà e di influenzare ciò che viene considerato normale o accettabile. Quando frasi violente, sessiste o razziste non vengono messe in discussione, esse vengono implicitamente normalizzate, rendendo più accettabili ulteriori affermazioni simili. Questo processo non solo modifica i limiti di ciò che può essere detto, ma
anche di ciò che può essere fatto, rendendo più tollerabile la mancanza di vigilanza sulle azioni.
L’incontro è stato coordinato dalla Professoressa Maria Raffaella Cangi, Coordinatrice del Centro Studi di Genere, che ha evidenziato come il linguaggio non sia solo uno specchio della realtà, ma uno strumento attivo che può essere riparato, ricostruito e trasformato. Attraverso un uso consapevole delle parole, è possibile infatti contrastare gli stereotipi e promuovere una società più equa ed inclusiva.
Il Professore Elvio Ceci, partendo da una riflessione sulla violenza ha focalizzato il suo intervento sul linguaggio utilizzato nei social media, evidenziando come questo tenda a polarizzarsi, dividendo gli utenti in due visioni contrapposte, esasperando sentimenti e approcci e portando a un cambiamento di paradigma nella creazione e nel consumo dell’informazione. Da un lato, si assiste a un processo di disintermediazione nella selezione delle notizie, che diventa più diretta ma anche più rischiosa, dall’altro, le informazioni finiscono per essere selezionate in base al sistema di credenze di chi le cerca, rafforzando teorie preesistenti, stereotipi e pregiudizi.
Questo sistema si autoalimenta attraverso algoritmi che propongono automaticamente contenuti basati sulle ricerche iniziali degli utenti, portando a una progressiva estremizzazione e polarizzazione delle opinioni. Un esempio emblematico è l’hate speech, il linguaggio d’odio, in particolare quello di genere, nel quale la persona viene disumanizzata e trasformata in un nemico da annientare, con l’obiettivo di confermare la propria superiorità.
La scrittrice Silva Gentilini ha affrontato il tema dell’evoluzione della figura femminile nella scrittura televisiva e cinematografica, rilevando come, nonostante i progressi verso l’uguaglianza di genere, la discriminazione sia ancora una realtà in molti ambiti. Film e serie TV possono essere strumenti utili per osservare e riflettere su questi fenomeni: da un lato, alcune narrazioni mostrano come i personaggi femminili siano spesso ostacolati o sminuiti a causa del loro genere, mentre dall’altro, emergono figure femminili che sfidano con coraggio questi stereotipi, diventando modelli di forza e determinazione. L’evoluzione della rappresentazione femminile nei
media è stata significativa: se negli anni Ottanta e Novanta le donne erano spesso confinate in ruoli stereotipati e marginali, oggi occupano posizioni centrali e complesse, riflettendo i progressi verso una maggiore inclusività. Queste storie, ha sottolineato Gentilini, dimostrano che è possibile superare le barriere imposte dagli stereotipi e costruire una società più giusta e paritaria.
Un altro tema focale dell’incontro è stato il linguaggio usato e trasmesso da madre in figlia, relativo al ciclo mestruale, affrontato dalla Professoressa Giulia Mariani. Storicamente, le mestruazioni sono state viste come un segno di impurità, un argomento da nascondere e di cui non parlare; questo silenzio, ha spiegato Mariani, non è solo una forma di omissione, ma una vera e propria violenza. La mancanza di informazioni adeguate rispetto alla gestione del proprio ciclo, il persistere di tabù e stereotipi, non considerare i bisogni e non educare contribuiscono a una forma di discriminazione che limita l’empowerment femminile. Dare il giusto valore al ciclo mestruale e al linguaggio che lo riguarda significa, secondo Mariani, ridare centralità alle donne e ai loro ritmi naturali, sovvertendo secoli di svalutazione ed emarginazione.
Infine, la Professoressa Alda Picozzi ha esplorato l’influenza degli Anime e dei Manga nella cultura contemporanea, sottolineando come questi media abbiano sfidato i modelli patriarcali e gli stereotipi di genere. Negli ultimi decenni, i personaggi femminili e maschili nei Manga e negli Anime sono diventati più complessi e sfaccettati, sovvertendo le aspettative tradizionali di genere. Questo ha favorito una maggiore elasticità mentale tra i giovani, stimolando empatia e accettazione della diversità. Picozzi ha suggerito che l’integrazione di elementi di questa cultura in contesti educativi potrebbe promuovere valori di inclusività e contribuire a un cambiamento sociale positivo.
La giornata di studio ha quindi offerto una panoramica articolata su come il linguaggio, la rappresentazione e la cultura possano influenzare la percezione del genere, evidenziando la necessità di continuare a lavorare per una società più equa e inclusiva.
L’attività scientifica e di approfondimento promossa dal Centro Studi di Genere è proseguita, poi, nel seminario del 17 febbraio 2025 “Frammenti nel dolore. Donne Sterminio Potere”, organizzato in collaborazione con il Centro Sudi di Pedagogia Sociale dell’IPU, nel corso del quale la Professoressa Elena Mazzini ha affrontato il tema del genocidio ricordando gli episodi avvenuti nel secolo scorso. Il Professor Andrea Cipolla ha analizzato la concezione della donna all’epoca del nazismo; mentre le Professoresse Maria Raffaella Cangi e Cristiania Panseri hanno focalizzato il tema degli stupri di guerra e durante gli stermini di massa, soffermandosi sulle interpretazioni, le funzioni sociali ed i significati simbolici di questa forma di violenza.
Infine il Professor Alessandro Ceci nelle conclusioni ha ripreso i vari interventi rileggendoli alla luce di una riflessione sul dolore.