“Le formiche non hanno le ali” incontro con Silva Gentilini

Violenza domestica sulle donne: paura, senso di colpa o riscatto? Quante volte, in questi ultimi anni, abbiamo sentito pronunciare la frase “restate a casa”? Frase che incitava a rimanere al sicuro per tutelare noi e gli altri, per restare uniti di fronte ad una minaccia comune, senza alcun timore perché “protetti” dalle mura domestiche.

Ci siamo mai chiesti, tuttavia, se le mura domestiche fossero veramente un posto sicuro per tutti? Molto spesso, infatti, la casa è il luogo in cui si consumano violenze fisiche e psicologiche su una donna da parte di un compagno, di un marito o addirittura di un padre. A questo proposito, qualche giorno fa, abbiamo avuto il piacere di incontrare la scrittrice Silva Gentilini, autrice del libro “Le formiche non hanno le ali”, autobiografia che racconta di un’infanzia e di un’adolescenza vissute col terrore del proprio padre. Un padre che minaccia, picchia, umilia e abusa, senza alcun motivo preciso, di quattro donne: Silvia, sua sorella, sua madre e sua nonna. Un padre che, anche dopo aver tentato il suicidio, torna inevitabilmente a seminare terrore ogni qualvolta varca la porta di casa.

La violenza domestica sulle donne è una piaga sociale rimasta a lungo tra le mura di casa, spesso per vergogna e quasi sempre per paura. Questi sono i sentimenti che hanno accompagnato Silva per lunghi anni, perfino quando si è compiuto l’atto più spregevole che una figlia possa subire da parte del proprio padre ovvero l’abuso sessuale con conseguente gravidanza. 

Dalle parole dell’autrice e dalla sua esperienza di vita si evince di quanto la violenza subita possa avere effetti negativi a breve e a lungo termine, sulla salute fisica, mentale, sessuale e riproduttiva della vittima. Le conseguenze possono determinare per le donne isolamento, incapacità di lavorare, limitata capacità di prendersi cura di se stesse e dei propri figli. Oltretutto i bambini che assistono alla violenza all’interno dei nuclei familiari possono soffrire di disturbi emotivi e del comportamento. 

Silva porta ancora con sé i segni del dolore e le paure di una bambina cresciuta troppo in fretta ma è una donna che ce l’ha fatta, che ha alzato la testa, che ha compreso che la vera paura risiede nella quotidianità e non nella voglia di denunciare e mettere fine ad un terribile incubo.

Da qui nasce spontanea una domanda: perché il paragone con le formiche? Lo spieghiamo con le parole dell’autrice: 

«Quanto durava il tempo dei pugni e dei calci? Pochi attimi. Il resto veniva dopo. Un affanno di rabbia muta attraverso il corpo. E la voglia di urlare, di correre via, di cambiare identità… Assumere le sembianze di un gatto randagio, di un pesce rosso, di un fiore, di un sasso. Ancora meglio, di una formica. Le formiche hanno uno scopo fermo, inossidabile: prendono una mollica, un pezzetto di qualsiasi cosa e lo trasportano. Lo fanno a prescindere. Nessuno le ferma. Puoi schiacciarne una, ma quelle che restano non hanno paura. vanno avanti. Si riorganizzano. Ricominciano. Le formiche non hanno paura. Avrei voluto essere una formica.»

NON ABBIATE PAURA. DENUNCIATE. CHIEDETE AIUTO.

INSEGNATE AI VOSTRI FIGLI IL RISPETTO E L’AMORE.

Un ringraziamento speciale a Silvia Gentilini.

 

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