Francesco, la singolarità universale
Lo ha detto una ragazza lucana scelta tra altre per depositare rose bianche a Maria Salus Populi Romani, icona tanto cara a Bergoglio, da indurlo a scegliere Santa Maria Maggiore come suo giaciglio estremo. Intervistata dalla televisione all’esterno della basilica, la ragazza ha detto che quando è arrivato il feretro di Francesco non sembrava di essere accanto a una persona morta, ma a una più che viva. Il vero funerale del Papa, quello svoltosi non dentro San Pietro con i potenti, ma fuori, lungo le strade di Roma, è stato in effetti una festa. Con le ali fitte di persone che al passaggio dell’auto, lo applaudiva, lo acclamava, cantava, certo commossa, ma più per apertura alla speranza che per dolorosa chiusura di cuore. È così che ha voluto che fosse: l’esclusivo salutarsi intimamente, lui e Caput Mundi, a tu per tu, con ognuno e con tutti insieme. Mai verificatosi prima nella storia vaticana. Si ricorda, all’opposto, il corteo funebre di Pio IX nella notte tra il 12 e 13 luglio 1881, con numerosi oppositori che presero a sassate il carro che trasportava la bara, fracassandone i vetri, minacciando di buttarla sotto Castel Sant’Angelo, gridando: “A fiume, a fiume, al Tevere!”.
L’indubbia singolarità rappresentata da Bergoglio è stata, è ancora tale proprio perché rasenta l’assurdo. Credo quia absurdum, Credo perché è assurdo, scrive l’apologeta Tertulliano nel II sec. d. C. In Francesco, invece, è il suo slancio di totale apertura, spalancamento d’ogni precedente confine della Chiesa a stagliarsi come assurdità storica singolare, in quanto, all’opposto, si manifesta quale universalità. Unum absurdum quia universale: come può la totalità di un’apertura universale essere insieme una singolarità? Eppure per l’affermazione della singolarità storica del cristianesimo rispetto alle precedenti religioni politeiste è stata determinante proprio la sua apertura all’universalismo. Apertura non solo all’universalità di un unico dio rispetto a tanti, per tanti luoghi, popoli e funzioni diverse. Ma soprattutto universalismo umano, apertura originaria verso ogni uomo, indipendentemente dalla sua condizione. E in Francesco d’Assisi apertura universalista che è già impossibile non sia anche verso la Natura. In questo Bergoglio riprende, rilancia quella radice, onorando al massimo l’insegnamento del nome pontificale che singolarmente per primo ha scelto nella storia dell’intera cristianità.
Più assurda ancora, così, è l’anacronistica chiusura e difesa dei vecchi confini. Essi sono stati già ampiamente corrosi, ammalorati da un processo storico irreversibile. L’ascesa dell’egemonia tecno-scientifica determina un piano inclinato che fa scivolare inesorabilmente la realtà verso la sua scristianizzazione, laicizzazione, deideologizzazione, spoliticizzazione. Più in superficie si fanno stentorei i proclami vetero identitari, più nel sottosuolo le coscienze si allontanano da esse.
Come ci si difende allora dai mali del mondo se non si crede più in niente di ideale, spirituale, o che aspiri ancora a contrastare i soprusi e il dolore immane derivante? Il male, anzi, aumenta, perché forza e potenza e prepotenza e guerra rimangono i soli nudi grani nel rosario del credo armato umano. Ecco la singolarità aperturale, universale di Bergoglio. Se i precedenti confini non sono più utili a debellare, o contenere il male, perché non ne approfittiamo tutti per superarli del tutto, definendo un nuovo spazio d’impegno e contrasto allo slittamento verso la messa a rischio della vita stessa sul pianeta? Davvero chi ha combattuto frontalmente o sotterraneamente, sordidamente il papato di Francesco pensa sia possibile, dopo di lui, cancellare tutto e innescare una più che trionfale, tronfia marcia indietro per la Chiesa?
Quella plastica, fluida corsa da San Pietro a Santa Maria Maggiore è stata anche una semina di gioia nonostante il lutto. È stato come se dalla papamobile venissero sparsi semi nei campi aperti fuori, proprio affinché fioriscano dentro, prima del fatidico “Extra Omnes!” che precede il conclave.
Riccardo Tavani