Si vis pacem…

Si vis pacem para bellum: la locuzione romana (già anticipata addirittura da Platone), come tante cose antiche, è piena di buon senso. I precedenti storici non mancano. Per esempio, i tedeschi invasero il Belgio per penetrare in Francia sia nella prima, sia nella seconda guerra mondiale, per il solo motivo che il confine belga era meno difeso.

È anche vero, d’altronde, che armarsi non basta a garantire la pace. Gli stessi antichi Romani, che avevano un temibile esercito, probabilmente il più potente dell’epoca, subirono diverse invasioni: da parte di Brenno nel 390, di Pirro nel 280, di Annibale nel 218 a. C. Per non parlare delle successive invasioni barbariche: i cosiddetti barbari non si preoccupavano molto della potenza dell’esercito romano, al quale non servì a niente “parare bellum”.

Dunque la citazione della nostra presidente del Consiglio, sebbene dotta, non convince del tutto. Né, a dire il vero, mi convince l’assicurazione che “non toglieremo nemmeno un euro dalle priorità del governo e dei cittadini italiani”.

Mi è sembrata più credibile la posizione del leader spagnolo, per due importanti motivi. Il primo è che i soldi non si inventano, ed evidentemente Sancez è consapevole che la spesa richiesta dalla NATO sia eccessiva per le finanze del suo Paese. Eppure la Spagna potrebbe permetterselo più dell’Italia, avendo un debito ben inferiore al nostro: il 102% del PIL contro il 140%, arrotondando. Il secondo è che, secondo Sancez, “un investimento del 2,1% è sufficiente, realistico”. Il dibattito, ha aggiunto, non dovrebbe riguardare “la percentuale di spesa, ma le capacità di cui abbiamo bisogno”. Se il tema è la spesa e non le effettive capacità di difesa, non è un tema serio, e forse puzza di imbroglio.

Quello di Sancez, invece, è un discorso serio, che dovrebbe indurci a riflettere sul perché dell’accordo NATO sul 5% di spesa. Azzarderei, infatti, che quella cifra – imposta da Trump – sia soltanto il secondo round dello scontro sui dazi. Serve agli interessi economici americani, che, guarda caso, sono i principali produttori di armamenti del mondo. Mi sembra che non ci discostiamo da quanto Trump aveva fatto capire abbastanza chiaramente riguardo ai dazi: vuole che l’aumento del debito pubblico statunitense sia pagato dagli altri e non dalle tasse dei suoi concittadini. Per effetto di quel 5% (o 3,5% che sia) gli USA guadagnerebbero, infatti, migliaia di miliardi.

Tuttavia, anche se è stato male impostato, il problema della difesa resta.

Quando fu approvata la nostra Carta costituzionale, che all’articolo 11 afferma che “l’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie politiche”, non fu smobilitato l’esercito. Si mutò soltanto il nome del Ministero della Guerra in Ministero della Difesa, perché, sia chiaro, l’Italia non si mai sognata di ripudiare la difesa. Anzi, la nostra Repubblica è nata combattendo in difesa della libertà. Dal pacifismo degli antifascisti è nato non solo l’articolo 11, ma anche l’idea di far nascere l’Unione Europea per scongiurare nuove possibilità di guerra nel vecchio continente; tuttavia, gli antifascisti non sono mai stati mammolette disarmate e imbelli.

Voglio dire che l’Italia deve essere perfettamente in grado di difendersi, che sia vero o no il pericolo di un’aggressione russa. Quando la Russia era un importante partner economico, non per questo è stato smantellato l’esercito, che deve esserci ed essere efficiente “a prescindere”.

Ma la scelta del come non può essere trasformata sic et simpliciter (scusate, ma il latino è tornato di moda) in una percentuale di PIL. Soprattutto se non si sa che cosa ci sia dentro tale percentuale: incentivi alla nostra industria aerospaziale? il ponte sullo stretto? l’acquisto di armi americane? la sicurezza informatica?

Ecco perché il discorso di Sancez mi sembra l’unico degno di un capo di governo. Che cosa ci serve? Quanto costa? Quali sono le compatibilità con il bilancio e lo stato sociale? Queste domande non avranno mai una risposta seria dagli amici di Trump. Ma proprio questo un governo dovrebbe sapere, e dire: quanto devono essere consistenti e come devono essere dotate le forze armate di cui abbiamo bisogno, e per quali finalità. E quale spesa è realisticamente affrontabile per realizzare questo scopo. E dove reperire i fondi necessari: tasse? risparmi? debito? Infine, come coordinare le difese dei diversi Paesi UE ed in ambito NATO per ottimizzare le risorse. Perché nessuno può farcela da solo.

È pur vero che la Meloni ha tenuto a rassicurarci che “neanche un euro sarà tolto” eccetera eccetera. La rassicurazione non è credibile, perché da qualche parte dovranno pur venire, quei soldi, ma lei non dice da dove. Già ora, per mantenere in ordine i conti, si è dovuto aumentare la pressione fiscale e lesinare risorse al welfare, mentre il debito è ancora cresciuto un po’. Ma poi, non c’è bisogno di togliere risorse per ridimensionare lo stato sociale: basta non aggiungere ciò che servirebbe – e quanto servirebbe – come si è visto per la sanità, la scuola e la ricerca. Per il resto, è evidente, si dovrà aumentare il debito, che vuol dire rinviare il problema, peggiorandolo. D’altronde l’aritmetica non perdona.

Comunque, come dimostra la storia, non basta “parare bellum” per garantire la pace. Bisogna anche “curare pacem”: forse non è facile, ma non costa il 5% del PIL.

Cesare Pirozzi 

Please follow and like us:
fb-share-icon
Wordpress Social Share Plugin powered by Ultimatelysocial
WhatsApp
YouTube
Copy link
URL has been copied successfully!