Le spose bambine del’Uganda, luogo in cui una moglie “costa” 8 mucche
Diamo ancora voce alle donne, specie quando la loro voce viene negata e la loro vita calpestata per condizioni sociali troppo svantaggiate che alimentano la violenza e il diritto di “essere” bambine.
Irene (nome di fantasia), aveva 16 anni quando è stata costretta a sposarsi. I suoi sogni di proseguire gli studi sono stati distrutti in una sola notte. Era il 2022 quando nella contea di Ngoma, nel distretto di Nakaseke, la ragazzina aveva appena completato gli esami del quarto anno di scuola secondaria quando, una sera, i suoi genitori le hanno chiesto di vestirsi in modo decoroso, di mettere in valigia alcuni abiti e di prepararsi per uscire. I genitori, a bordo di un’auto a noleggio, hanno guidato per circa 10 chilometri fino ad arrivare a una casa in cui si erano radunate una ventina di persone.
Era un matrimonio organizzato da un uomo di 35 anni e dai suoi parenti, senza il consenso della ragazza.
Avevano iniziato a contrattare quel matrimonio quando lei era in seconda media e i suoi genitori avevano accettato cinque mucche come dote. Il padre a quei tempi aveva detto loro di aspettare che finisse la scuola media e di aumentare la dote a 20 mucche.
Irene ricorda di aver pianto molto ma che i genitori le avevano detto che stava per sposare un uomo ricco e che lei non poteva opporsi alla loro volontà e alla tradizione. E così la ragazzina accettò. Non avrebbe potuto ribellarsi in alcun modo. Lei aveva 16 anni e lo sconosciuto ben 19 anni in più.
Oggi, sposata e con una bambina di un anno, Irene ripensa alla sua esperienza con rimpianto e dolore, e attribuisce molte delle difficoltà nel matrimonio alla sua giovane età. Nonostante i valori tradizionali, non augurerebbe lo stesso destino a sua figlia, perché non è affatto una vita felice. Suo marito, la criticava per la sua incapacità in cucina e per le sue scarse abilità coniugali, e a volte i litigi sfociavano in violenza. Irene racconta di non aver mai potuto chiedere consiglio ai suoi genitori perché le era stato detto che non avrebbe mai dovuto lasciare la casa del marito o mettere in discussione il suo comportamento. Le avevano detto che farlo sarebbe stato un disonore per la famiglia.
E così un’altra giovane, Zaituni, ora 26enne e residente a Nakaseke, racconta di essere stata costretta a sposarsi a soli 15 anni in cambio di otto mucche. Aveva appena terminato la scuola primaria quando i suoi genitori hanno avviato improvvisamente le trattative, sostenendo che investire nella sua istruzione sarebbe stato inutile. Zaituni è diventata la terza moglie di un uomo musulmano di 40 anni.
I matrimoni vengono organizzati in questo modo perché è considerato prestigioso sposare una ragazza vergine. Se rimane a scuola troppo a lungo, il marito potrebbe scoprire che non è più “pura”.
Un fenomeno alimentato spesso dalla povertà e che rompe definitivamente l’equilibrio psichico delle spose-bambine che per tutta la vita dovranno affrontare lotte silenziose senza mai sentirsi “persone libere”.
Nonostante le leggi esistenti che vietano tali pratiche, ottenere giustizia è ancora una sfida significativa, poiché le famiglie colludono per negare alla procura le prove necessarie a portare avanti i casi. Minacciano le vittime affinché ritirino le loro denunce, i fascicoli vengono aperti ma poi i testimoni si tirano indietro dicendo di non voler proseguire.
Joan Luswata, responsabile della protezione dei minori nel distretto di Nakaseke, afferma che il suo ufficio gestisce almeno 30 casi di matrimoni forzati ogni quattro mesi.
«Cosa possiamo fare come rappresentanti dello Stato?», si chiede Luswata, che segnala anche una mancanza di collaborazione tra i capi dei villaggi, poiché molti evitano di opporsi a questa pratica per paura di essere emarginati dalle loro comunità.
L’Articolo 31 della Costituzione ugandese vieta i matrimoni infantili. La Legge sui minori del 2016 definisce il matrimonio infantile come l’unione tra una persona di età inferiore ai 18 anni e un’altra per vivere come marito e moglie, prevedendo una pena massima di 10 anni di carcere per i responsabili. Tuttavia, nonostante i numeri allarmanti, non ci sono registrazioni di casi con condanne effettive. Margret Kulabako, ufficiale per la protezione dell’infanzia presso la stazione di polizia centrale di Nakaseke, sottolinea le difficoltà delle forze dell’ordine nel contrastare i matrimoni infantili, affermando che i genitori spesso modificano persino l’età delle figlie, dichiarandole maggiorenni.
C’è a questo punto la necessità di creare un ambiente che dia priorità ai diritti dei bambini, garantendo alle ragazze l’accesso all’istruzione, la conoscenza dei propri diritti e la libertà di scegliere autonomamente il proprio futuro.
E come sempre c’è la necessità che le comunità internazionali si facciano carico di questo problema e che si attivino in ogni modo possibile affinché questo scempio abbia fine una volta per tutte.
Stefania Lastoria