Surrealismo circolare della vita: Edipo Re
Il surrealismo circolare della vita, nelle alterazioni del respiro, perpetuano la materializzazione delle nostre paure più recondite. Così, Edipo Re, in scena al Teatro Ostia Antica Festival, adattato e diretto da Luca De Fusco, un regista “visionario” in grado di rendere personaggio Magritte, pur essendo assente. Una tragedia contemporanea, in grado di mettere nell’orecchio dello spettatore il senso di colpa racchiuso nelle verità nascoste. Luca Lazzareschi, Manuela Mandracchia, interpreti principali, scoperchiano il loro “io” per metterlo al servizio della scena con grande empatia e passione. La forza trascinante della tragedia, si avvale anche della bravura di Paolo Serra, Francesco Biscione, Paolo Cresta e Alessandro Balletta.
Conoscere la verità per conoscere se stessi, spesso annienta la nostra esistenza lasciandola immersa negli incubi della vita, in continuo movimento e sempre in evoluzione, sia essa interiore che esteriore. Il regista De Fusco mescola sapientemente le cose , assumendo di volta in volta, dalla profondità delle viscere, la loro essenza primordiale. Sono passati più di 2.400 anni da quando Sofocle ha scritto la tragedia, ma sembra scritta ieri. L’adattamento, un eccellente adattamento, rendono la tragedia non solo fruibile, ma compatibile con le aspettative del pubblico, attento a non perdere una battuta degli intensi monologhi-dialoghi.
La gabbia che racchiude la mente, un Tiresia che non vede con gli occhi ma percepisce con la sensibilità, il divino racchiuso e nascosto dentro ognuno, esplicita la potenza della verità. Differenziando o indifferenziando il tratto del divino da cui l’umano ha bisogno di separarsi, instaurando le differenze che consentono una convivenza civile degna del vivere sociale.
Luca De Fusco ci propone un immenso Edipo Re, come descrizione dell’esistenza umana, con le sue paure e le sue avidità, una descrizione umana fratricida, parricida, incestuosa, seppur inconsapevolmente, ma nel contempo responsabile di ogni nefandezza. La contemporaneità che uccide la fratellanza, con guerra, respingimenti, povertà, è la verità nascosta, che tutti conosciamo, ignorandola, ci mette difronte alle nostre colpe ogni volta che se ne parla. La verità che uccide l’indifferenza e l’egoismo, facendo crollare la presunzione di innalzarsi al di sopra di ogni sospetto, così come l’oracolo prevede: “Conosci te stesso e agisci con misura”. Come le nuvole, che cambiano forma in continuazione e posizione nel cielo. Diventano simbolo della natura umana, effimera della vita, dell’amore, e delle emozioni. Pasolini, in “Cosa sono le nuvole” suggeriva che la vita è come uno spettacolo effimero, surreale alla Magritte, un gioco di ruolo in cui gli individui sono burattini mossi da forze superiori. Le nuvole che vanno e vengono, ci dice Da Fusco, rappresentano la natura transitoria delle cose, delle relazioni, e delle emozioni. Nonostante la loro apparente inconsistenza, esse influenzano il nostro sguardo sul mondo, così come le esperienze della vita plasmano la nostra percezione.
Claudio Caldarelli