Quando tutto va come non deve andare

Antonella

Il danno da vacanza rovinata: quando tutto va come non doveva andare…

Il danno da vacanza rovinata è un danno patrimoniale risarcibile – Tribunale di Bari sentenza n. 1220 del 4 Aprile 2011

L’esperienza ci insegna come le aspettative del turista-viaggiatore siano spesso frustrate a causa di carenze o imprecisioni informative, ovvero in ragione del livello della qualità dell’alloggio, dei trasporti e dei servizi, di frequente rilevatosi deteriore rispetto a quello garantito; circostanze che in definitiva valgono a  degradare il viaggio da occasione di svago e di piacere a momento di disagio psico-fisico derivante dalla mancata realizzazione, in tutto o in parte, del programma previsto.

Tribunale  Bari  sez. II, sentenza n. 1220 del 04 aprile 2011

La sentenza in epigrafe ha sancito che dall’inadempimento contrattuale da parte dell’Agenzia di viaggio, possono derivare, per il consumatore, un danno patrimoniale, inteso come autonoma voce risarcitoria che si connota nel pregiudizio di natura economica patito in conseguenza del mancato adempimento degli obblighi contrattuali,  ed un danno non patrimoniale, ossia il cosiddetto “danno da vacanza rovinata”.

Questa ultima figura di danno,  si traduce nel pregiudizio al benessere psichico-materiale che il turista/consumatore patisce  per non aver usufruito della vacanza quale occasione di piacere, di  svago o di  riposo, la cui tutela si inscrive all’interno del processo di valorizzazione della persona latu sensu considerata, costituzionalmente tutelata, essendo la stessa considerata come periodo preposto alla rigenerazione delle proprie energie psico-fisiche ed al miglioramento delle complessive condizioni di vita.

Si tratta di un danno di natura non patrimoniale ovvero di un turbamento psicologico derivante dall’impossibilità di godere pienamente del momento di svago o di riposo che trae origine nell’inadempimento o nell’inesatto adempimento delle prestazioni oggetto del pacchetto turistico e che è suscettibile di un risarcimento che non può essere limitato al mero rimborso, ma deve esser valutato con riguardo alla proiezione negativa sul futuro esistenziale delle conseguenze dell’evento dannoso, sotto l’aspetto della limitazione al libero sviluppo della personalità a causa della lesione subita nella propria integrità biopsichica, con i conseguenziali risvolti deteriori anche nella vita di relazione.

Questa tipologia di danno, viene identificata come lo stress, l’ansia, la sofferenza psicologica, l’afflizione, la delusione patita dal turista, come conseguenza diretta dei mancati adempimenti, quali ad esempio le sistemazioni alberghiere ed i servizi di ristoro e di svago, inferiori a quelli promessi al momento dell’acquisto del pacchetto turistico, smarrimento dei bagagli, mare impraticabile senza alcuna alternativa valida al consumatore, ovvero nei casi più gravi la mancata comunicazione da parte dell’agenzia viaggi al turista di essenziali circostanze come l’anticipazione dell’orario del volo  o ancora disagi subiti nei casi di overbooking (sovraprenotazione : termine usato principalmente dalle compagnie aeree  per definire situazioni in cui si accettano prenotazioni al di sopra delle capacità effettive dell’aeromobile, considerando la probabilità che al momento dell’imbarco si presenteranno dei passeggeri in meno, sia per annullamenti o per cambi di prenotazioni prima del volo, sia per mancata presentazione al check-in), annullamento del volo, fino ai casi limite del turista lasciato da solo in mezzo al deserto et similia, in cui la palmare evidenza dell’inadempimento rende superflua qualsiasi ulteriore indagine (Fattispecie che solo a puro titolo esemplificativo possono farsi rientrare nell’“ombrello” della vacanza rovinata).

Naturalmente il “benessere” che ci si aspetta da una vacanza, non può configurarsi come una prestazione dedotta in contratto ed alla quale è obbligato il venditore : questi infatti è tenuto unicamente ad una puntuale esecuzione degli obblighi specificamente previsti nel contratto di viaggio; altrimenti al viaggiatore sarebbe sufficiente asserire “ di non essersi divertito” per configurare un inadempimento della controparte. In tali casi, in senso diametralmente opposto la giurisprudenza esclude la configurabilità stessa di un danno derivante dalla mancata fruizione della vacanza ritenendo che un eventuale risarcimento del danno si concreterebbe in «un indebito arricchimento ictu oculi contrario ad equità e giustizia».

Il danno da vacanza rovinata, presuppone, dunque, l’effettiva difformità delle prestazioni, sotto il profilo quantitativo e/o qualitativo, rispetto a quanto garantito e pubblicizzato nei  cataloghi dell’agenzia e nei depliants informativi : tutte  le informazioni in esse illustrate, sono infatti vincolanti per il tour operator e per il venditore, in relazione alle singole responsabilità, e sono sufficienti  ad individuare  le prestazioni principali ed accessorie, nonché ad identificarne la qualità e misura.

Tale danno, come quello derivante dal disagio per una vacanza che ha ampiamente disatteso le aspettative del consumatore,  è pienamente risarcibile come danno contrattuale, in quanto  diretta  conseguenza dell’inadempimento di un contratto turistico, dato che  sussiste il diritto del consumatore di fruire a pieno della vacanza,  diritto che si riflette sulla causa stessa del contratto.

Sotto il profilo funzionale, tale contratto è qualificato dalla finalità turistica: essa rappresenta infatti l’interesse, di natura non patrimoniale, in concreto perseguito dal creditore attraverso il regolamento contrattuale. La finalità turistica non costituisce un mero motivo irrilevante, ma partecipa della causa concreta del contratto così elevandosi a criterio di amministrazione di quelle sopravvenienze che impediscono la realizzazione di tale finalità.

Quanto ai soggetti responsabili, l’art. 93 cod. del consumo prevede che nel caso di mancato o inesatto adempimento delle obbligazioni assunte con la vendita del pacchetto turistico, l’organizzatore o il venditore sono tenuti al risarcimento del danno, secondo le rispettive responsabilità, se non provano che gli stessi siano stati determinati da causa a loro non imputabile. Tale disposizione, nell’affermare la responsabilità parziaria dell’organizzatore e del venditore, prende in considerazione una modalità di vendita del pacchetto turistico che si articola attraverso l’intermediazione di venditori. La prassi si è tuttavia orientata nel senso della vendita diretta: l’evoluzione del commercio telematico e la sussistenza di motori di ricerca comparativi facilmente accessibili per gli utenti, hanno incentivato gli acquisti diretti, prescindendo dai servizi offerti dagli intermediari.
Tuttavia, qualora la vendita del pacchetto turistico coinvolga una pluralità di soggetti questi rispondono nei limiti degli obblighi facenti capo a ciascuno.  L’organizzatore o il venditore, qualora ai fini dell’esecuzione delle prestazioni si avvalgano del servizio di terzi, rispondono anche del fatto di costoro, salvo il diritto di rivalersi nei loro confronti. Tale previsione si traduce nel fatto che qualora il disservizio sia imputabile al fatto dell’ausiliario, il consumatore può esperire l’azione risarcitoria nei confronti dell’organizzatore o del venditore: la ripartizione delle relative responsabilità sarà questione interna che interessa i rapporti tra questi ultimi e i prestatori del servizio.

Sotto il profilo dell’onere della prova, ai fini del risarcimento del danno da vacanza rovinata, incombe in capo al turista l’onere di allegare l’inadempimento o l’inesatto adempimento dell’organizzatore o del venditore del pacchetto turistico, nonché di dimostrare che le conseguenze di tale condotta siano state tali da incidere concretamente sulla possibilità del turista di fruire di quel livello di tranquillità e di godimento del proprio tempo libero che sia conforme alle proprie aspettative.

La valutazione in ordine all’esistenza ed alla quantificazione del danno assume un ruolo centrale laddove l’attore lamenti carenze qualitative dei servizi goduti: al fine di evitare il risarcimento di indebite pretese risarcitorie verrà prestata particolare attenzione gli elementi probatori posti a fondamento della propria pretesa. Sarà pertanto onere del consumatore produrre tutti gli elementi di prova, documentali e testimoniali, idonei a provare l’esistenza del danno.

Sarà invece onere dell’organizzatore e/o del venditore convenuto in giudizio, al fine di garantirsi l’esonero da responsabilità, offrire la prova contraria, ovvero dimostrare che l’inadempimento o l’inesatto adempimento derivino da causa a loro non imputabile, ovvero comportamento colposo o doloso del consumatore, condotta di un terzo a carattere imprevedibile o inevitabile, caso fortuito o da forza maggiore.

Il problema più insidioso rimane oggi la quantificazione monetaria del danno risarcibile che sembra costituire un vero e proprio punctum dolens, essendo difficile ancorarla a parametri certi e precisi.

Mentre il pregiudizio economico è la voce di danno più facilmente quantificabile e corrisponde al prezzo del viaggio acquistato in caso di mancato godimento della vacanza o in una riduzione del prezzo medesimo nel caso in cui il consumatore non abbia potuto godere pienamente della vacanza, in quanto rovinata da disservizi, contrattempi o altri disguidi. Più difficile è, invece, quantificare il danno morale subito dal turista deluso, risultando pressoché impossibile fornire una prova certa dello stress o della delusione, della depressione subiti a causa del mancato godimento di una vacanza. In questi casi, il quantum del danno da vacanza rovinata verrà pertanto determinato sulla base di criteri equitativi aperti alle peculiarità del caso concreto, che tengano conto di tanti fattori, tra i quali dell’irripetibilità del viaggio (si pensi al viaggio di nozze), il valore soggettivo che il viaggio assume per il singolo (si pensi il viaggio che sia occasione di un ricongiungimento familiare), lo stresssubito a causa di disservizi in grado di compromettere gravemente la fruizione della vacanza, la delusione per la cancellazione improvvisa del viaggio. Così come non può non rilevare, in sede di quantificazione e liquidazione del danno, l’effettivo ed il tempestivo adempimento del dovere in capo all’organizzatore e al venditore di apprestare rimedi utili al fine di consentire la prosecuzione del viaggio in condizioni ottimali.

Una puntuale analisi circa la reale natura giuridica del pregiudizio, unitamente alla necessità di provare il pregiudizio stesso può costituire un freno ai risarcimenti “automatici”.

Sembrerebbe che la preoccupazione della Suprema Corte sia quella di limitare la casistica, escludendo tutti quei danni che possono riconnettersi a disagi non gravi, fastidi con cui vengono a essere infranti interessi di rango modesto, originando disappunti ed ansie consistenti in ogni altro tipo di insoddisfazione, in relazione alle più fantasiose, e a volte risibili prospettazioni di pregiudizi suscettibili di alterare il modo di esistere delle persone, insomma in tutte quelle ipotesi bagatellari, che spesso vengono poste all’attenzione del giudice di pace.

Vero è che trattandosi di microdanni, si corre il rischio di uno “stillicidio” di azioni giudiziarie di entità sostanzialmente modesta e di scarsa efficacia deterrente. Ma è pur vero che, seppur da nessuna parte è previsto un diritto alla felicità o alla serenità porre l’accento sul pregiudizio quale esso sia, ma pur sempre apprezzabile dal sentire o dalla coscienza comune, nobilita di per sé anche l’interesse leso, che benché non rientri tra i diritti inviolabili della persona costituzionalmente garantiti, emerge quale aspetto indefettibile della personalità di un individuo che si fa persona nel contesto di un sistema giuridico e per ciò meriterebbe tutela risarcitoria la ripercussione su colui o coloro che si apprestano a godere una vacanza.

di Antonella Virgilio