La legge 194 sull’interruzione volontaria di gravidanza

La legge sull’interruzione volontaria della gravidanza (la “194”, per gli addetti ai lavori) non ha mai avuto vita facile. Non è stato facile l’iter parlamentare, con la mobilitazione di un possente fronte anti-abortista, molto attivo sulle piazze, nei mezzi di comunicazione e nello stesso Parlamento. C’è voluto coraggio ad approvarla: una legge, comunque, prudente e rispettosa anche dei diritti di chi era ad essa contrario. Infatti, fu prevista una clausola di salvaguardia per gli operatori sanitari (medici e non) che, per motivi etici o religiosi, non volessero aver parte attiva nelle pratiche di interruzione di gravidanza. La 194 non costringe nessuno a fare qualcosa contro la propria coscienza. Come, ovviamente, non ha mai costretto nessuna donna a ricorrervi: dà, semplicemente, una possibilità a chi, per motivi diversi, ritiene di non avere altra alternativa, dopo un congruo periodo di riflessione.

Nel 1981, il “Movimento per la vita” propose un referendum abrogativo di questa legge, che si concluse con una solenne bocciatura: il 68% di NO, con una percentuale di votanti prossima all’80%. Un caso esemplare di legge parlamentare confermata dalla volontà popolare, come da un po’ di tempo più non accade.
Ciò non ostante, la sua attuazione non è mai stata facile. L’ostacolo principale è proprio l’obiezione di coscienza. Guardiamo, prima di tutto, i numeri.

I medici obiettori sono circa il 10% in Francia e nel Regno Unito. In Italia sono il 70%; nel Lazio, l’80%. È evidente – anzi, è matematico – che, con questi numeri, l’attuazione della 194 sia difficile.
Inoltre, la percentuale di obiettori è aumentata negli anni e potrebbe ancora aumentare. Questo perché la minoranza dei non obiettori ha il carico della totalità degli interventi e si trova, più o meno di necessità, emarginato dagli altri aspetti della professione; ne ha, indubbiamente, un danno professionale. Un conto è fare anche interruzioni di gravidanza, un conto è fare solo o soprattutto interruzioni di gravidanza. È umano che, dopo aver resistito per qualche anno, qualche non obiettore faccia, infine, obiezione di coscienza. E non si tratta semplicemente di un freddo calcolo di convenienza. Perché sono in gioco anche le emozioni, l’autostima, lo stress psicologico dei non obiettori. Chi studia per specializzarsi in ginecologia vorrebbe anche fare interventi più gratificanti sul piano umano, prima che professionale. Vorrebbe che l’interruzione di gravidanza fosse marginale rispetto al far nascere i bambini; ma l’essere nella minoranza dei non obiettori lo allontana, in qualche misura, dalle altre attività.
Di fronte al problema oggettivo dell’assoluta preponderanza (lo ricordo: 80% nel Lazio) degli obiettori – ed alle difficoltà che ciò provoca alle strutture ed alle donne che vorrebbero accedervi – non può stupire che si tenti di assumere medici non obiettori per le Unità Operative dedicate all’interruzione volontaria di gravidanza.

Ci sarebbe da chiedersi perché non sia stato fatto prima. E invece no. La ministra della Salute, la Conferenza Episcopale e, infine, l’Ordine dei medici insorgono contro un’iniziativa che, dicono, potrebbe essere illegale, discriminatoria verso gli obiettori o lesiva verso la stessa legge 194.
Beh…. certe affermazioni sono così assurde che è difficile controbattere!

Cominciamo dall’accusa di illegittimità della riserva dei posti ai non obiettori e facciamo una prova “contro fattuale”: immaginiamo che si faccia un concorso, per un’Unità Operativa dedicata alle interruzioni di gravidanza, aperto agli obiettori. Ammesso che sia lecito, non sarebbe – prima di tutto – irragionevole, se non ridicolo? Immaginiamo che un concorso siffatto fosse vinto da un obiettore: alla fine, dovremmo pagarlo per non far niente, visto che non potrebbe svolgere il compito per il quale è stato assunto, cioè – appunto – le interruzioni di gravidanza.
Comunque, i ricorsi ci sono già stati, e sono stati respinti dal TAR del Lazio: forse, allora, non vi è alcuna illegalità.

Per quel che riguarda l’accusa di discriminazione, è opportuno ricordare che, nell’aprile 2016, la Commissione Europea ha riconosciuto che in Italia sono proprio i medici non obiettori ad essere discriminati. Per non parlare delle donne e delle difficoltà – non sempre sormontabili – che incontrano per la zoppicante attuazione della legge. Forse, quelli che parlano di discriminazione verso gli obiettori dovrebbero informarsi meglio. Forse, essere una minoranza del 20% non è proprio comodo e, magari, può essere molto difficile: la Commissione Europea parla, infatti, di “discriminazione”.
Quindi, l’idea di un concorso specifico per uno specifico tipo di attività è del tutto ragionevole, lecito e non discrimina nessuno.
Semmai, c’è ancora da chiedersi se sia sufficiente. Infatti, è un rimedio che, tuttavia, non risolve la radice del problema. Nulla vieta che, un domani, anche il non obiettore assunto per le interruzioni di gravidanza possa a sua volta fare obiezione di coscienza. Perchè questa non è in alcun modo normata e consente, oltre ad una giusta tutela degli operatori sanitari, anche qualunque eventuale caso di opportunismo.

Non dobbiamo, poi, dimenticare che in Italia – e soprattutto nel Lazio – c’è la presenza e il peso di strutture sanitarie religiose, sia di tipo ospedaliero che universitario, che certo non concorrono all’attuazione della 194 (pur essendo le loro attività assistenziali pagate con danaro pubblico).
Né che anche l’appartenenza ad organizzazioni cattoliche può essere d’aiuto per essere assunti o per fare carriera (ahimè, così va il mondo!).
E, infine, che il fronte anti-abortista non si è mai arreso.

di Cesare Pirozzi