Gennaro Ciliberto: un testimone di giustizia e la sua solitudine

Gennaro Ciliberto è un testimone di giustizia, grazie al quale si sono apprese, con prove di rilievo al vaglio della magistratura, notizie su costruzioni e imprese edili con grandi finalità di lucro e scarso interesse per la perfetta realizzazione delle opere affidate. Un uomo sicuramente scomodo per molti, soprattutto per il malaffare.
Per anni, dopo le sue rivelazioni, Gennaro si è dovuto nascondere, ha dovuto vivere fuggendo di città in città, diffidando di tutti, guardandosi continuamente alle spalle, dovendo fare i conti, salatissimi, con isolamento, fatica, paura, e, ancora più salati, con la salute, minata anche da un diabete difficile da compensare.

E mentre il tempo passa e Gennaro prosegue, senza smentirsi né tema di essere smentito, nel suo percorso di testimone di giustizia, la sua malattia continua a farsi avanti, tra stress e solitudine.

Perché gli uomini che scelgono di parlare, in Italia, di raccontare le pessime verità che hanno scoperto, per caso o ricercandole, pagano un prezzo altissimo. Esiste un programma di protezione volto a tutelarli che, di fatto, non riesce a restituire una forma di vita normale, serena, nonostante gli sforzi di alcuni degli uomini chiamati a proteggere la vita di chi decide di “non farsi i fatti propri” ma di collaborare e testimoniare per un miglior sviluppo della società.
Gennaro adesso è solo. Passa dei momenti difficili in cui le sue parole. di uomo in lotta, diventano quasi un urlo di rabbia o una richiesta gridata di aiuto. Lui stesso racconta: “Dal 2011 vivo l’inferno di una vita non vissuta fatta di attentati da parte della camorra e di persecuzioni da parte dei colletti bianchi”.

Si sente un morto vivente. Non può andare al cinema, non può andare ad una partita, non può muoversi liberamente, perché rischierebbe la vita. La sua testimonianza resta fondamentale in un processo in cui le sue denunce riguardano aggiudicazioni di lavori, l’esistenza di infiltrazioni mafiose e di costruzioni che non sono assolutamente sicure.

Il suo dolore nasce dall’impossibilità di avere rapporti normali con i propri cari, dall’impossibilità di andare ad un funerale o ad un matrimonio. Non può vedere amici, giocare e ridere come fa un qualunque uomo, uscendo di casa, senza avvisare nessuno. E non può neanche ricevere il nostro sostegno, il mio, il vostro, perché non ha modo quasi di rapportarsi a nessuno.

Eppure è molto probabile che, senza che nessuno di noi lo sappia mai, ha salvato indirettamente la pellaccia di qualcuno di noi, di qualcuno dei nostri figli e cari, con la sua testimonianza. Sarebbe bello se riuscissimo a fargli sentire il nostro affetto, il nostro sostegno. Uomini come lui lo meritano. E il nostro stato dovrebbe prendersi cura di persone come Gennaro, spendendo per loro dei soldi utili a scardinare il malaffare, utili a dare ai testimoni di giustizia un quotidiano sereno e dignitoso. Mi preoccupa il silenzio di Gennaro, perché è fatto di sofferenza.
E lui no, non merita di soffrire.

di Patrizia Vindigni