Ciao Daphne: quando il coraggio si ferma solo con le bombe

Lo scorso 16 ottobre è morta la giornalista Daphne Caruana Galizia: maltese, blogger, 53 anni. Tecnicamente è saltata in aria mentre era alla guida della sua auto: in perfetto stile mafioso.

Da tempo aveva messo le mani sui “Panama Papers”: 11,5 milioni di documenti che raccontano un impero di corruzione, evasione fiscale, ingiustizie in cui sono coinvolti i grandi e i famosi della Terra. I primi a scoprire il caso furono i tedeschi del quotidiano “Suddeutsche Zeitung”, che poi ampliarono l’inchiesta ai colleghi del Consortium of Investigative Journalists, di cui fa parte anche il figlio di Daphne, Matthew Caruana Galizia. Risultarono coinvolti nello scandalo anche il primo ministro maltese, Joseph Muscat, il presidente Keith Schembri, a capo dello staff di Muscat, e il ministro dell’energia, Konrad Mizzi.

Daphne aveva raccontato tutto questo sul “Running Commentary”, il “velenoso” blog che gestiva ormai da tempo, seguito da oltre 400 mila persone. Non solo, la giornalista maltese aveva scoperto anche i “Malta Files”: un giro di presunte tangenti in cui è finito coinvolto, di nuovo, Joseph Muscat, insieme alla moglie Michelle. La signora Muscat – scriveva Daphne – è stata accusata di aver ricevuto fondi segreti, transitati attraverso conti esteri.

La scomoda giornalista risiedeva a Bidnija: case basse e bianche, paesaggio brullo, una chiesa imponente sulla via principale. Aveva tre figli e un marito: Peter, Matthew, Andrew e Paul. Alle tre di pomeriggio del 16 ottobre Daphne era uscita da poco di casa, era sulla provinciale, alla guida di una Peugeot 208. Cambiava spesso auto a causa delle numerose minacce di morte che riceveva ormai da anni.

Due settimane prima dell’attentato, Daphe aveva denunciato alla polizia – che oggi nega di aver ricevuto questo esposto – le ultime intimidazioni. La Galizia temeva forse una vendetta degli Azeri, gruppo etnico di religione musulmana, residente soprattutto in Azerbaigian, presumibilmente coinvolto in un traffico di denaro che avrebbe visto anche la complicità del governo di Valletta, “un covo di spie e strani incroci” stando alle descrizioni di Daphne. Da poco la Galizia aveva parlato di un aereo partito dall’Azerbaigian e atterrato a Malta, pieno zeppo di contanti.

Un testimone ha parlato di due esplosioni, una prima più lieve e una seconda più forte: sono ricorsi al Semtex, un tipo di esplosivo plastico. Il primo a essere accorso sul posto è stato il figlio Matthew, che ora porterà avanti il blog della madre, mentre quello che rimaneva di Daphne bruciava in un prato poco distante.

Joseph Muscat, mostrando poca originalità, ha condannato “il barbaro gesto” e giura che “non si darà pace finché non sarà fatta giustizia”. Poi aggiunge: “Tutti sanno che Daphne Caruana Galizia mi ha spesso criticato ma nessuna rivalità giustifica una morte del genere”. Eppure sembrerebbe che proprio Muscat abbia rifiutato un’adeguata protezione per la giornalista. Non solo, il sergente della polizia maltese ha festeggiato la morte della blogger ed è stato sospeso dal suo incarico solo quando non si poteva fare altrimenti.

La famiglia ha replicato imputando al governo maltese ogni colpa: “Non ci illudiamo, il suo sarà l’ennesimo omicidio senza killer, ne mandanti”. L’attacco più duro arriva da Matthew, giornalista premio Pulitzer: “Siete colpevoli, Malta è ormai un’isola mafiosa”.

Undici anni fa provarono a bruciare la casa di Daphne e le indagini non approdarono ad alcun risultato. Nel 2006, a seguito di un’inchiesta sulla corruzione locale, le venne bruciata l’auto. Nel 2013 Daphne fu arrestata.
Ci si curava di non inserire Daphne Caruana Galizia nella lista degli invitati di qualsiasi cerimonia di governo. Non ha mai ricevuto premi, ne alcun riconoscimento per il coraggio con cui ha sempre portato avanti il suo lavoro.

La sola cosa che Daphne non aveva ancora scoperto era l’ordigno nella sua auto, che l’ha messa a tacere per sempre e non siamo d’accordo con Rosy Bindi, presidente commissione Antimafia, per cui “la storia italiana ci insegna che gli attentati possono essere anche una grande occasione per reagire”. Le bombe sono solo atti da condannare e niente da cui ripartire: persone così importanti, menti tanto acute, professionisti così impavidi andrebbero difesi e non lasciati in pasto ai cani.

di Irene Tirnero

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