Il calcio siriano nelle mani dei Bernd Stange, ambasciatore del diavolo

Quando si parla di favole, bisogna andarci piano. Appena qualche mese fa avevamo raccontato la straordinaria storia della nazionale di calcio siriana, una squadra devastata dalla guerra ad un passo dai mondiali. Senza un campo in cui allenarsi, con lo stadio trasformato in deposito di armi, con calciatori spariti, uccisi o nel miglior caso semplicemente in prigione, si erano arresi solo all’Australia, negli spareggi per Russia 2018.
Le cose però sono cambiate in fretta e appena si sono spenti i riflettori, se n’è andata anche quella patina di magia e di favola. Un campanello d’allarme era suonato quando avevamo provato a contattare Tamer Haj Mohamad, difensore siriano in forza al Dhufar Club, in Oman. Volevamo chiedergli lo stato delle cose in Siria, la situazione dei suoi compagni di squadra scomparsi, i rapporti tra nazionale e governo. Dopo il primo riscontro positivo, al momento dell’invio delle domande Tamer non ha più risposto.

Cinque mesi dopo quella tentata intervista le notizie dalla Siria sono molto diverse e permettono di delineare meglio la situazione. La nazionale che aveva fatto sognare molti altro non è che un manipolo di fedelissimi dell’Esercito di Bashar Al-Assad, gli unici ad essere scampati a carcere e morte. Forse è per questo che Tamer ha rifiutato di rispondere alle nostre domande. Forse voleva evitare argomenti complicati, forse non voleva accendere i riflettori su personaggi scomodi. Forse voleva evitare di finire anche lui sotto la lente di controllo. Perchè intanto sulla panchina della Siria è arrivato Bernd Stange, allenatore tedesco. Lo chiamano l'”ambasciatore del diavolo”, ha iniziato con la Germania Est di Honecker passando poi per l’Iraq di Saddam. La sua specialità? Servire il padrone.
“Non c’è differenza se vieni pagato in dollari, euro, sterline o in dinari iracheni. L’unica cosa che conta davvero è lavorare per portare a casa uno stipendio che ti consenta di vivere”. Per anni il suo nome era stato legato al servizio di spionaggio della Germania dell’Est, la Stasi: Stange non era stato scelto solo per le sue doti di allenatore, serviva per controllare i calciatori e riferire se qualcuno di loro avesse intenzione di passare il confine.

Con questa nomina è stato scelto anche da Saddam Hussein, nel 2003. Il dittatore è messo alle corde dagli americani, vede nemici ovunque. Stange arriva a pennello: prima di dimettersi dall’incarico, e scampare addirittura ad un attentato in cui verrà ucciso il suo autista, lascia a Saddam una lista di dieci giocatori sospetti.
Oggi la storia si ripete con Assad. Il calcio in Siria è poco più di una farsa, con un campionato ridotto ai minimi termini, una sorta di torneo interno a Damasco. La nazionale è ormai una rappresentativa dell’Al Jaish, l’esercito. E finita la favola è ora di smascherare eventuali spie e cospiratori. Lavoro per mister Stange.

di Lamberto Rinaldi