LA VILLA DEI VOLUSII

Alta valle tiberina a nord di Roma. Era il 1961, i lavori per la costruzione dell’autostrada, che poi verrà chiamata del Sole, erano in pieno svolgimento. La nuova dorsale stradale doveva collegare l’Italia del boom economico. Bisognava essere più veloci su e giù per lo stivale. Ad un certo punto, i lavori in corso subiscono uno stop. Un capo cantiere, urlando fece fermare le ruspe. I motori dei camion e dei macchinari vennero spenti. Gli operai fradici di sudore, sporchi ed incuriositi, si avvicinarono a vedere. Ai lori occhi apparvero dei ruderi per molti di loro senza significato, ma rimuovendo la terra intorno a poco a poco si delineavano i resti di un edificio. Erano i resti di una villa romana. La villa che fu della famiglia dei Volusii Saturnini. In quel momento l‘Italia del boom si fermò, per far posto all’Italia della storia. La storia di Roma.

I Volusii erano una potente famiglia senatoria. Al pretore Quinto Volusio Saturnino, si attribuisce la posa della prima pietra della villa, intorno al 50 a.C. Nel tempo altri componenti della famiglia ampliarono e modificarono le strutture degli edifici. Un nome che spicca per questo, fu quello di Lucio Volusio che fece fare grandi lavori alla villa tra il 10 a.C. e il 20 d.C. Le lotte di potere nella Roma di quei tempi, le persecuzioni anti senatorie portate avanti da Domiziano, causarono il declino di questa famiglia. Tanto che come risulta dalle cronache storiche gli ultimi proprietari della famiglia dei Volusii furono due fratelli, consoli dell’Impero romano, nell’87 d.C. e nel 92 d.C. Poi più nulla. Cala il sipario su questa potente famiglia. Fino a quel giorno del 1961, fino a quel giorno in cui le grida di un capo cantiere, risvegliarono in quelle stanze gli spiriti degli antichi. Dopo quasi duemila anni altri occhi, occhi sbalorditi e meravigliati ebbero la fortuna di vedere tomare alla luce le vestigia di una villa. Viveva nuovamente lo spirito di Quinto Volusio Saturnino, il capostipite.

La villa inizialmente ebbe l’aspetto di una lussuosa abitazione di campagna. Poi con le modifiche e con gli ampliamenti assunse sempre più le dimensioni di un vasto complesso rurale. La fertile valle del Tevere permetteva grandi raccolti di grano, avena e orzo. Permetteva di piantare ulivi, e di impiantare filari di viti. Le viti che producevano un ottimo vino. Ancora oggi la tiberina è considerata una zona di vini stimati, ci sono molte cantine sociali che producono il nettare di Bacco. Per cui c’è da pensare che qui duemila anni fa, schiavi, operai, servi e padroni, erano intenti a produrre e a vendere quelle merci preziose per Roma: grano, olio e vino. Gli ampliamenti con tutta probabilità servivano proprio per stoccare le derrate e per far posto alle molte persone che dovevano abitare nella villa. I resti ci fanno conoscere non solo l’aspetto rurale, indicano anche la parte aristocratica, quella dei padroni, con i decori, i mosaici policromi, i pavimenti di marmo intarsiato, create dal meglio della mano d’opera di Roma. Gli affreschi raffiguranti scene di vita quotidiana, ne dichiarano chiaramente le origini.

Ci sono voluti anni per recuperare, sistemare e catalogare i reperti. Un lavoro appassionante che ha permesso di offrire al mondo una visione della storia da un’altra prospettiva. Ma sono necessari altri interventi, che purtroppo hanno un costo. Per questo è stata avviata una stretta collaborazione tra il Ministero dei Beni Culturali, e Soprintendenza Archeologica per l’Etruria Meridionale e la Società Autostrade, per coordinare i lavori di tutela di questa area monumentale. Sono a tutto oggi in corso lavori di conservazione e di scavo. Nel 1998 l’Unesco ha concesso il suo alto patronato con lo scopo di conservare, arricchire, valorizzare i beni storici, culturali e architettonici connessi alla rete autostradale. Quinto Volusio Saturnino ringrazia, ringrazia che il suo nome e la sua famiglia possono ancora oggi vivere per merito di altri uomini, uomini di un’altra epoca.

di Fabio Scatolini