La retorica come arte di ingannare

Che confusione! Sembra che la politica abbia perso il contatto con le parole, anzi, a dirla tutta, con la verità: tale è l’abitudine a nasconderla o camuffarla, che la retorica, nata come arte di comunicare, da un bel pezzo è diventata l’arte di ingannare. D’altronde, se l’obiettivo della politica è ottenere consensi e non il bene comune, tutto diventa lecito per un pugno di voti.

Perciò, mentre i fatti dimostrano che la politica si è sempre disinteressata della cura del territorio o, più in generale, dell’ambiente, ora il governo ci dice che è colpa dei sindaci, se ci sono frane e alluvioni. Oppure del governo Conte, che voleva facilitare l’applicazione delle sanatorie fatte dagli altri governi a partire dal 1985. Anche lui, però, un po’ ipocrita è stato, visto che ha “inguattato” la norma nel decreto Genova, costringendo il Parlamento a ingoiarla pur di non mandare a monte il resto. D’altra parte si sa, anche gli abusivi votano.

Perciò il governo ha avuto una tremenda fretta di vietare i rave party, che comunque erano sostanzialmente già vietati dalle leggi vigenti. In realtà diversi rave (forse tutti) negli ultimi anni sono stati sgomberati dalle forze dell’ordine già prima che la nuova norma fosse scritta o addirittura pensata (Modena il 1 novembre, Bologna il 28 aprile, Torino nel 2021 ecc. ecc.). Ed allora, che urgenza e che bisogno ce n’era? E poi, davvero gli italiani erano tanto preoccupati di un fenomeno sociale di così scarsa importanza? Non ci sarà un secondo fine, come sembrano temere alcuni partiti della maggioranza, che hanno presentato emendamenti per “evitare che possa essere usato contro le manifestazioni sindacali e l’occupazione delle scuole”?  

Perciò il governo non ammette di voler favorire l’evasione fiscale, ma alza il limite all’uso del contante e all’obbligo di accettare il bancomat. Tutti hanno capito che il risultato sarà quello, ma si usa la retorica del “lasciamo lavorare chi produce”, tanto per le tasse si possono sempre spremere i salariati e i pensionati, che già pagano da soli l’80% dell’IRPEF. Oppure si fa salire un po’ il debito pubblico, visto che le categorie autonome continuano a godere di sconti più o meno piatti e tregue fiscali. E chi se ne frega degli interessi del Paese, o Nazione, o Patria che dir si voglia.

Perciò dice di aver tenuto in ordine i conti pubblici, anche se ha fatto ulteriore debito: ufficialmente per 21 miliardi, ma forse anche più, visto che le coperture non sono tutte sicure. Ed è una fortuna che abbia potuto fruire dei “bonus” del precedente governo, che pure ha fatto cadere non appena “questi qua” hanno totalizzato gli anni, i mesi e i giorni di mandato parlamentare necessari a maturare la pensione. Altra verità, ipocritamente nascosta dalle motivazioni ufficiali.

Perciò si lamentano che il precedente governo non era stato eletto dal popolo e dimenticano che anche la loro maggioranza è figlia più dei marchingegni del “rosatellum” che del voto degli italiani. Si dice “lo chiedono gli Italiani”, ma si nasconde che il partito di maggioranza relativa si regge su una minoranza del 16% dei cittadini aventi diritto al voto.

In un certo senso, parlando in generale e con le dovute eccezioni (ma per favore, suggeritemene qualcuna, ché adesso non mi viene in mente!), i politici mentono esplicitamente solo qualche volta, ma ingannano quasi sempre, usando la retorica dell’ipocrisia: dire cose verosimili e credibili, ma false.

Un efficace metodo della retorica politica è cambiare nome alle cose. Per esempio, dire tregua anziché sanatoria; oppure occupabili anziché disoccupati. Evidentemente ci si vergogna di soccorrere per l’ennesima volta gli evasori fiscali, e sarebbe brutto ammettere di voler togliere un aiuto economico a chi non trova lavoro. È un po’ come se non pagare le tasse non fosse una propria responsabilità e un danno a tutti i concittadini (potremmo dire anche: un danno alla Nazione, alla Patria, come è più di moda); mentre essere senza lavoro sì che è una colpa: se uno è in grado di lavorare e non lavora, non bisogna incoraggiarlo in questa scelta dissennata. 

Di questo metodo – un metodo usato con costanza ed impegno degni di miglior causa – hanno fatto le spese anche alcune centinaia di naufraghi – pardon, migranti illegali – portati a terra dalle navi delle ONG. Il governo ha fatto di tutto per rinviarne l’approdo, ha poi applicato strani criteri di selezione, del tipo chi sta molto male può scendere, chi sta un po’ meglio si attacca. Ma non ha mai dichiarato in modo sincero: questi qui noi non li vogliamo e, se muoiono, se la sono voluta. Sarebe meglio evitare che le navi “umanitarie” incrocino nel mediterraneo per offrire soccorso e presto ci sarà una legge che lo renderà difficile se non impossibile. Salvini ha sostenuto che il respingimento avrebbe un effetto dissuasivo sul traffico di esseri umani. Ma ha dimenticato che i poveri migranti hanno già pagato prima di imbarcarsi e il respingimento li costringerebbe a pagare due volte, perché tornare indietro è tornare a un inferno. Ma poi, che gliene frega ai trafficanti di quella sparuta minoranza, quando il 90% dei loro “clienti” è sbarcato sulle nostre coste senza ONG e senza problemi?

E poi, è evidente che sono migranti illegali, ma chi mai affronterebbe un viaggio che ogni anno fa tutti quei morti, se non fosse alla disperazione? Così ci si ferma ipocritamente alla prima parte del problema, e si inganna senza mentire apertamente.

Infine, sarà bene ricordare che i respingimenti sono già stati fatti in passato da un precedente governo di destra, con Maroni ministro dell’Interno. L’Italia è stata condannata dalla Corte Europea di Strasburgo, perché si è dimostrato che i migranti restituiti alla Libia sono stati imprigionati, torturati e qualche volta uccisi. Un po’ come restituire al mittente un ebreo in fuga dal lager nazista. Forse esagero un pochettino, ma questa è retorica intesa come arte di comunicare, e non distorce la sostanziale verità. Comunque, è ipocrita – oltre che idiota – sostenere che i respingimenti servono a “garantire la sicurezza dei cittadini”.

Cesare Pirozzi       

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