Sud Sudan. Il Papa chiede alle donne e ai giovani di riscrivere la storia di pace

A Juba, nella Freedom Hall accanto al mausoleo “John Garang”, sono venuti in duemilacinquecento. Sotto la tenda bianca la folla con magliette bianche è composta davanti a Papa Francesco seduto in mezzo all’arcivescovo anglicano Welby e al moderatore della Chiesa di Scozia. Gli uomini e le donne presenti sono solo una piccolissima rappresentanza degli oltre 4 milioni di sfollati.

Il Sud Sudan si trova al quarto posto nella lista di crisi degli sfollati più trascurati al mondo e rappresenta anche la più grande crisi di rifugiati in Africa.

Negli ultimi sette anni i conflitti hanno causato, secondo alcune stime, circa

400mila vittime e oltre 2 milioni di sfollati interni a cui vanno aggiunti 2,3 milioni di sud-sudanesi costretti a fuggire negli stati confinanti, soprattutto in Uganda ma anche in Sudan e in Etiopia.

Conflitti e violenze su larga scala in tutto il Paese a cui si sono aggiunte calamità di vario tipo, hanno portato le persone a fuggire lasciando le proprie case in cerca di sicurezza.

In molti hanno trovato riparo in prossimità delle basi della missione delle Nazioni Unite nel Sud Sudan. In diverse località del Paese, tra cui Giuba, la missione delle Nazioni Unite ha accolto le popolazioni nei siti per la protezione dei civili. Poi ha gradualmente trasferito alcuni siti in campi di sfollamento convenzionali sotto il controllo del governo.

Ed è in questi campi per sfollati in cui aumentano le problematiche legate alle cattive condizioni di vita, al sovraffollamento, alle condizioni igieniche-sanitarie, agli alti livelli di criminalità, alla mancanza di accesso a servizi di base e strategie di risposta limitate.

A gennaio 2022 erano circa 33mila le persone nei campi per sfollati interni nella capitale del Sud Sudan.

«Qui perdura la più grande crisi di rifugiati del Continente – ha detto Papa Francesco sottolineando la gravità della situazione che rende il Sud Sudan anche una delle peggiori emergenze alimentari a livello globale – con l’insicurezza alimentare e la malnutrizione che colpiscono i due terzi della popolazione e con le previsioni che parlano di una tragedia umanitaria che può peggiorare ulteriormente nel corso dell’anno».

A complicare il quadro si è poi aggiunta la pandemia del Covid-19 che ha ostacolato la consegna degli aiuti umanitari internazionali da cui dipende metà della popolazione sud-sudanese, oltre alle nuove devastanti alluvioni nella regione del Grande Nilo Superiore nel 2020, che hanno aggravato l’insicurezza alimentare di almeno un milione di persone. Secondo i dati riportati nella sua presentazione dalla Vice Rappresentante Speciale del Segretario Generale della Missione delle Nazioni Unite in Sud Sudan e Coordinatrice umanitaria per il Sud Sudan, Beysolow Nyanti, si stima che nel 2023 circa otto milioni di persone soffriranno la fame.

Dunque il Papa torna a farsi sentire, con forza e veemenza: “Il futuro non può essere nei campi per sfollati. Sono qui, insieme ai fratelli con cui condivido questo pellegrinaggio di pace – per darvi tutta la mia vicinanza… Sono con voi, soffro per voi e con voi. Noi oggi, incontrandovi – ha continuato – vorremmo dare ali alla vostra speranza. Vorrei dirvi: siete voi il seme di un nuovo Sud Sudan. Siete voi, di tutte le diverse etnie, voi che avete patito e state soffrendo, ma che non volete rispondere al male con altro male”.

Ha ringraziato quanti aiutano spesso in condizioni non solo difficili, ma emergenziali e ha aggiunto: ”Un Paese non può sopravvivere di sostegni esterni, per lo più avendo un territorio tanto ricco di risorse! Accanto ai soccorsi urgenti, credo sia molto importante, in una prospettiva futura, accompagnare la popolazione sulla via dello sviluppo, ad esempio aiutandola ad apprendere tecniche aggiornate per l’agricoltura e l’allevamento, così da facilitare una crescita più autonoma”.

Papa Francesco non ha mancato di dare rilievo al ruolo dei giovani e delle donne per una prospettiva di futuro costruttivo e pacifico del Paese: «le donne, le madri sono la chiave per trasformare il Paese: se riceveranno le giuste opportunità, attraverso la loro laboriosità e la loro attitudine a custodire la vita, avranno la capacità di cambiare il volto del Sud Sudan, di dargli uno sviluppo sereno e coeso!».

Stefania Lastoria

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