Il ministro Schillaci e le foto sospette
In un momento come questo, con una crisi climatica in atto e venti di guerra sempre più preoccupanti, sembra quasi fuori luogo interessarsi alle beghe interne al nostro governo. Ma poiché fondamentalmente dal governo dipendono le risposte che sapremo dare alle incombenti crisi, è pur sempre giusto occuparsene. Vorrei perciò parlare della vicenda riguardante le pubblicazioni scientifiche del ministro della salute, prof. Orazio Schillaci, già preside della facoltà di medicina e rettore dell’università di Tor Vergata.
Sì, lo so, non è un fatto di grande attualità, anzi è stato presto dimenticato sotto l’incalzare dell’affaire Giambruno. Tuttavia è una vicenda non trascurabile, che fa luce sul valore della compagine di governo e sui valori morali cui questa si ispira.
Il 13 settembre scorso Il Manifesto ha pubblicato un’inchiesta sulle pubblicazioni scientifiche del ministro. Usando il software ImageTwin, ha scoperto che in otto lavori è stata usata la stessa fotografia in relazione a tipi diversi di neoplasia, in contesti diversi. “Le immagini sospette sono almeno una decina in pubblicazioni relative al periodo 2018-2022”, scrive Il Manifesto, periodo in cui Schillaci “è stato prima preside della facoltà di medicina dell’università di Tor Vergata e poi rettore dell’ateneo”. Il più delle volte le stesse immagini migrano da una pubblicazione all’altra, ma in un caso viene usata un’immagine presa dalla pubblicazione di uno studio di argomento diverso “non firmato dal ministro”.
Poiché si sa che Il Manifesto non è proprio filogovernativo, potrebbe venire il sospetto di… eccessiva partigianeria. Purtroppo per il ministro, però, l’argomento viene ripreso da Science – rivista scientifica internazionale di lingua inglese, piuttosto autorevole e lontana dalla politica nostrana – con il titolo “Possible misconduct found in papers from Italian minister of health” (Possibile comportamento indebito trovato in articoli del ministro italiano della salute). La rivista ha confermato con i propri esperti che le medesime immagini sono state effettivamente usate in lavori diversi. “Può essere sciatteria nel tenere traccia di ogni immagine, o intenzionalità, perché le immagini si adattano sempre alla narrazione”, “in ogni caso, questo getta dubbi sull’accuratezza di altri risultati sperimentali di questo laboratorio”, sostiene un’esperta consultata da Science.
Comunque “le duplicazioni non sono il risultato di procedure sperimentali legittime”. “Quando un gruppo sembra fare tali errori ripetutamente, questo potrebbe indicare che i loro processi di trattamento dei dati possono essere stati viziati”. “Quello che dovrebbe accadere in qualsiasi istituzione scientifica rispettabile è che un comitato indipendente senza conflitti di interesse [dovrebbe] indagare e poi stabilire le correzioni, o le sanzioni, se necessario”. I virgolettati sono sempre traduzioni letterali da Science.
Fin qui i passi più significativi dei due articoli che si sono occupati del caso. Ma cerchiamo di essere più espliciti.
Secondo Science, il prof. Schillaci ha prodotto qualcosa come un lavoro scientifico ogni 12 giorni, anche quando era preside della facoltà o rettore di Tor Vergata ed ha continuato a pubblicare anche dopo essere diventato ministro. “Non puoi fare due lavori e farli bene”, è il commento di Elisabeth Bik, una degli esperti consultati.
A mio modesto parere, però, anche senza avere altri rilevanti impegni oltre alla ricerca, è difficile portare a termine, scrivere e pubblicare una ricerca ogni 12 giorni. Ricordo sempre che uno dei miei professori sosteneva che quelli che presentano troppi lavori dovrebbero essere esclusi dai concorsi, perché quei lavori sono poco attendibili.
Se è già difficile che uno studioso possa partecipare a così tante ricerche, e spesso anche coordinarle e dirigerle, diventa particolarmente difficile farlo quando all’attività di ricerca si associa il ruolo impegnativo di preside o rettore. Anche da qui nasce il dubbio che le ricerche pubblicate non siano “il risultato “procedure sperimentali legittime”, per citare il linguaggio diplomatico di Science. Usando parole più popolaresche, che siano state taroccate.
A detta degli esperti, abbiamo a che fare con un professore universitario che nel migliore dei casi, è disattento o non sa dirigere il gruppo di lavoro di cui ha la responsabilità. Ma il fatto che l’errore sia ripetuto più volte con modalità simili, non può non far nascere il sospetto della mala fede, cioè che si tratti di lavori “addomesticati” per ottenere il risultato voluto.
Che sia vera l’ipotesi dell’errore ripetuto o quella della malafede, in ogni caso si tratta di un comportamento che getta discredito non soltanto sugli autori, ma anche sull’istituzione cui questi appartengono. Tanto è vero che Science cita il caso del professor Marc Tessier-Lavigne, presidente della Stanford University, che si è dimesso perché almeno quattro sue precedenti pubblicazioni contenevano dati manipolati da un suo collaboratore. La commissione d’inchiesta lo aveva assolto dall’accusa di comportamento indebito (misconduct: lo stesso vocabolo usato nel caso di Schillaci), ma lo aveva incolpato “per la creazione di una cultura di laboratorio che ha favorito un tasso insolitamente alto di problemi di integrità dei dati”. E dire che erano solo quattro casi, e nemmeno recenti!
Invece il ministro ha dichiarato di “non essere preoccupato” (il virgolettato è sempre di Science). Ma come? Io sarei preoccupatissimo se un mio collaboratore avesse commesso errori che minano così gravemente la mia credibilità. Sarei fuori di me!
Mi ha stupito anche il comportamento dell’Università di Tor Vergata, anch’essa non poco screditata dalla vicenda: interpellata da Science, non ha voluto commentare il fatto. Non avrebbe dovuto dichiararsi allarmata? Non avrebbe dovuto annunciare subito l’istituzione della commissione indipendente (ripeto: indipendente, magari anche con membri al di fuori dell’ambiente accademico italiano) che, secondo gli esperti di Science, dovrebbe indagare sull’accaduto? Sarà forse per questo che la Stanford University è al 5^ posto nel ranking mondiale e Tor Vergata al 489^?
Se poi consideriamo che Science è una rivista letta in tutto il mondo, ci rendiamo conto che sia Schillaci, sia l’Università di Tor Vergata sono stati sputtanati – e con motivazioni molto serie – a livello internazionale.
Beh, forse anche il governo italiano. Direi anzi che il buon nome dell’Italia non ne esce gran che bene.
Restano senza risposta alcune domande: ma perché dobbiamo avere una persona dalla condotta così dubbia come ministro della salute? Sarà capace di affrontare i problemi della sanità italiana, o cercherà di risolverli con qualche bella fotografia? E il Presidente del Consiglio sarà capace di scaricarlo in fretta, come ha fatto con il suo ex compagno?
Cesare Pirozzi