Cine-pillole di Carnevale e Oscar ‘25
Sono ormai diverse le sale che riproiettano importanti film del passato più o meno recente, soprattutto la domenica mattina, alcuni addirittura con cappuccino e cornetto compreso nel prezzo del biglietto come il Cinema Giulio Cesare di Roma. Cercheremo di ‘cine-pillolerizzare’ anche qualcuno di questi film. Iniziamo con Twin Peaks: Fuoco cammina con me, di David Linch, 1992, visto al Cinema Troisi di Roma.
Twin Peaks: Fuoco cammina con me. È il prequel di tutta la serie tv di grande successo I segreti di Twin Peaks. Inizia con le indagini sull’omicidio di Teresa Banks, ammazzata un anno prima di Laura Palmer. Quest’ultima, ancora liceale, ha già una vita libera e sessualmente attiva, come dice uno degli investigatori. La figura del padre, reale e archetipica, incombe su di lei come minaccia repressiva e libidine inconscia, confondendosi con il volto e il corpo di un altro uomo che la concupisce e la possiede. Linch sfodera tutta la sua genialità istintivo-visionaria nello sconvolgere e ridettare le regole hitchcockiane del thriller, come fara poi, ancora più coerentemente, radicalmente, nel 2001 con Mulholland Drive.Il senso delle scene non è tanto quello di una consecutio narrativa razionale, quanto proprio nella potenza iconografica delle immagini in sé che ci fanno sprofondare in una dimensione tanto inconscia, quanto cinematograficamente altamente artistica. Durata 134 minuti.
Il seme del fico sacro. Da non perdere. Ambientato ai nostri giorni a Teheran, ma non girato lì, anche se si vedono degli scorci centrali nel traffico d’auto della metropoli. Marito, moglie e due figlie. Lui promosso da giudice istruttore alla carica di magistrato giudicante. Si trova immediatamente di fronte alla pesante realtà impositiva del potere politico-teocratico-patriarcale. Gli viene consegnata una pistola di grosso calibro per difesa personale. La moglie comincia ad adoperarsi ossessivamente per lasciare in casa incontaminato il marito dal clima di proteste giovanili contro il regime, che coinvolge anche le due figlie. Impressionanti e inediti i video, autenticamente postati in rete, da ragazze e ragazzi delle mobilitazione brutalmente represse dalla polizia islamica. Ci dice molto di quello che succede là, ma anche dalle nostre parti. Un telegiornale della rete nazionale fa distintamente il nome della nostra Presidente del Consiglio Giorgia Meloni La suspence è continua, cresce a ogni giro di vite. Tanto più che quella pistola assume un vero e proprio ruolo di protagonista.. Fino alla resa dei conti finale tra i ruderi abbandonati e la polvere secca di un’antica città. Durata 168 minuti.
Follemente. Lasciamo perdere. Anche se al pubblico è piaciucchiato, ha ridacchiato ad alcune battute, non si capisce cosa questa commedia – come ogni commedia ha il compito di fare – abbia nel costume, socialmente graffiato. Un gruppo di un po’ attempati personaggi – e anche attori – si immedesimano e sono emotivamente partecipi della prima cena a casa di una giovane donna (Pilar Fogliati) che si è da poco conosciuta con un meno giovane uomo (Edoardo Leo), quale possibile premessa di una relazione tra loro. Altrettante figure femminili sono in modo immaginifico dietro la donna e cercano con disperata ironia di guidare le sue mosse verso il successo dell’impresa. Nel precedente film di Paolo Genovesi, Perfetti sconosciuti, si graffiava, e anche efficacemente, il preciso, allora dilagante costume sociale dell’uso degli smartphone e della loro messaggistica clandestina. Qui non resta che una serie di luoghi comuni già visti, ascoltati e digeriti, anche se riproposti tramite battutine nuove. Ma forse proprio per questo piaciucchia. Riproponendo con variazioni sul tema, ribadisce certezze con il gusto della novità. Durata 97 minuti.
L’erede. Il teme del ritorno con trauma alle origini, al borgo natio o dell’infanzia di un personaggio famoso sta diventando un sottogenere cinematografico. Vedi tra tutti Il cittadino illustre, 2016, film argentino di Gastón Duprat e Mariano Cohn su un Premio Nobel della letteratura che riprecipita nello sperduto paesello della Pampa in cui è nato. In questo franco-canadese-belga di Xavier Legrand (II), è invece un vertiginoso stilista dell’alta moda parigina che torna alla casa del padre in Canada, causa la morte di questi. Nella casa e nel sottosuolo delle cantine, emblema di un inconscio minaccioso e tenebroso, mai prima esplorato. Così che la narrazione – da insofferenza e angoscia del protagonista – si fa vero e proprio thriller al cardiopalmo, per metterlo nelle peggiori condizioni possibili e verificare se è capace di venirne fuori. Deve, infatti, riuscire a risalire indenne dalla morsa agghiacciante di quelle cantine. Soprattutto per capire se tornare rigenerato o abbandonare definitivamente la sua narcisistica gloria creativa. Durata 110 minuti.
Diciannove. Inquietudine, rivolta interiore autentica, ma immagine cinematografica ancora da portare a compiutezza. Il titolo si riferisce agli anni del protagonista, Leonardo, quando nel 2015 parte da Palermo per andare a studiare a Londra, dove vive già la sorella. Nonostante le uscite notturne, le ubriacature, gli avvinghiamenti erotici di ragazza in ragazza in discoteca, lui non si ritrova, fugge, atterra all’Università di Siena. Qui è subito in rivolta letteraria contro i prof, contro i grandi saggisti del passato e del presente, contro Pasolini, che ha degradato l’italiano. Di nuovo in fuga, a Milano, Torino, ma ovunque si isola, si cucina e mangia da solo, legge molto, segue una sua linea di studio, non vede nessuno, a parte un cugino palermitano che studia Legge. La sua, però, non è una rivolta inattuale, non protesa al futuro, ma quasi un ritorno alla scapigliatura, all’Ottocento, a un tempo fuori dal tempo precodificato. Di qui la sua forza e la sua disperazione. Diciannove anni è anche l’età che aveva il regista Giovanni Tortorici in quello stesso 2015, quando inizia a lavorare nel cinema. Ed è proprio Luca Guadagnino, che produce questo esordio, ad averlo poi preso come assistente nella serie We are who we are. Durata 109 minuti.
Real Pain. Sotto la scorsa della commedia, ficcanti squarci drammatici sulla Shoah. Due cugini caratterialmente diversi, se non opposti, partecipano a un piccolo gruppo di persone ebraiche che compiono in Polonia un tour nei luoghi dello sterminio. Quello della coppia contrastante di persone che intraprendono un viaggio insieme è venuto ormai a costituirsi come vero e proprio sottogenere cinematografico. Ricordiamo al riguardo Green Bock, nel quale lo spassoso contrasto di caratteri serve a spalancare meglio la porta a un dramma serio: quello del razzismo. Anche se non raggiunge la qualità cinematografica di questo, purtuttavia è proprio il contrasto, in Real Pain, tra la leggerezza e le improvvise pietre d’inciampo, quasi insensatamente, sollevate dal cugino più sbarazzino a farci sentire la lacerazione ancora oggi viva di quella memoria. Oscar Migliore Attore Non Protagonista 2025 a Kieran Culkin (quello ‘estroverso’). Durata 90 minuti.
Black Dog. Grande sapore di cinema alla radice dell’esistenza. Chixia, Cina nord-occidentale, confine col deserto del Gobi. Zona di spopolamento contadino, case fatiscenti, desolazione, polvere. Vigilia delle Olimpiadi del 2008, molti se ne sono andati, lasciando i loro cani, che si sono riprodotti, formando bande ingovernabili di randagi. Lang, dopo diversi anni di prigione, vi torna in libertà vigilata e obbligo di inserimento lavorativo. Lo mettono a fare l’accalappiacani, proprio lui, egli stesso un randagio, senza quasi più voce umana, così poche sono le parole smozzicate che gli escono dalla bocca. Quasi un western, la motocicletta al posto del cavallo, la solitudine, la disperazione, la rabbia per l’impossibilità d’essere. Come quel cane nero che morde, lacera la pelle, i pantaloni, e fugge – imprendibile. Gli hanno messo una taglia sopra e lui deve catturarlo. Premio al regista Guan Hu Miglior Film sezione Un Certain Regard, Cannes 2024. Una menzione la merita anche la distribuzione italiana Movies Inspired, che con questo film rinnova il suo impegno, la sua capacità di scovare, offrire sempre titoli no scontati e importanti. Durata 106 minuti.
Riccardo Tavani