Politica e demagogia
Gli avvenimenti internazionali dell’ultima settimana, culminati nell’accordo per il cessate il fuoco nella striscia di Gaza, hanno giustamente oscurato gli argomenti di natura economica che riguardano il nostro Paese. Senza nulla togliere alle aspettative che questa auspicata tregua ha suscitato, né all’attenzione che tutti i teatri di guerra in Europa e nel mondo meritano, vorrei ricordare alcuni dati della nostra situazione economica, che l’ISTAT ha recentemente pubblicato.
Il dato saliente è la riduzione della produzione industriale che è scesa del 2,7% su base annua. Non è un dato confortante, soprattutto se visto in un complesso più generale di dati.
Contestualmente, infatti, anche la produzione agricola mostra segni negativi. Nel 2024 la produzione di grano è diminuita del 20%, quella di olio del 32%, quella di vini del 13%. Inoltre nel 2024 il settore agricolo ha subito danni per 9 miliardi di euro, dovuti principalmente ad eventi climatici estremi, secondo la stima di Confagricoltura, cifra che è in crescita esponenziale negli ultimi venti anni.
Si prevede una crescita del PIL dello 0,6% per quest’anno e dell 0,8% per il 2026 (facendo una media tra diverse stime di diversi enti, come BCE, ISTAT, Banca d’Italia). Ma questo modesto incremento sembra essere dovuto agli investimenti del PNRR, senza i quali saremmo in recessione, e che cesseranno prossimamente.
Il futuro non è roseo, poiché la domanda interna è frenata dai bassi salari e l’esportazione è già diminuita per effetto dei dazi imposti da Trump. La prospettiva della recessione è evidente.
In questo contesto, tuttavia, il governo è riuscito a ridurre il deficit, portandolo al 3 %. Il risultato è stato conseguito tagliando le spese e con un piccolo incremento della pressione fiscale.
Il conto sarà pagato dalle fasce sociali più deboli, ma anche dai lavoratori dipendenti, già oberati da un carico fiscale crescente, e dall’imprenditoria produttiva, che ha perso una fetta non trascurabile dell’export.
Colpisce l’atteggiamento del governo, eccessivamente solidale con chi ha stangato con i dazi il nostro export, e fortemente disimpegnato dalle politiche ambientali, nonostante i danni miliardari causati dalla crisi climatica. Inoltre, solo un governo stabile come questo potrebbe modificare la distribuzione del carico fiscale, distribuendolo in modo più equilibrato tra lavoro dipendente e patrimonio; quest’ultimo, infatti, è cresciuto notevolmente in questi difficili anni, mentre il potere d’acquisto dei salariati diminuiva. Ma, chissà perché, tassare il patrimonio viene presentato come “mettere le mani nelle tasche degli italiani”; evidentemente va bene mettere le mani nelle tasche dei lavoratori dipendenti che, forse, non sono considerati italiani. Eppure anche in Svizzera il patrimonio è tassato, quando necessario al bilancio. Ma in Svizzera i ricchi vivono benissimo, e il loro è tutt’altro che un governo bolscevico: è una questione di buon senso che ai nostri, chissà perché, sfugge.
Il fatto di avere una maggioranza solida e una prospettiva di legislatura consentirebbe a questo governo di correggere gli attuali squilibri e di lavorare al risanamento economico attraverso politiche fiscali più eque e politiche “verdi” di più lungo respiro. Solo così diventa possibile ridurre il deficit senza tagliare le spese, come si è fatto nell’anno in corso, e rilanciare l’economia.
Il governo, però, anziché impegnarsi in una seria politica economica e fiscale, preferisce lodare il proprio operato, a costo di mentire. Il ministro Urso è arrivato a sostenere che l’inflazione era al 12,8% quando il governo si e insediato, e che è scesa grazie a loro. In realtà l’inflazione era all’8,4% e non ha mai raggiunto la doppia cifra. Inoltre era salita per lo scoppio della guerra in Ucraina, e non per fattori interni, ed è scesa grazie alla progressiva riduzione del costo dell’energia, come in tutta l’Europa. Si direbbe che la priorità del governo non sia migliorare la situazione economica degli italiani, quanto raggranellare voti con la più vieta demagogia. Chiudere gli occhi davanti alla situazione concreta, vantando risultati illusori, è una grave responsabilità, di cui prima o poi dovranno rispondere all’elettorato e alla storia, che tanto gli piace evocare.
Cesare Pirozzi

