24 anni dopo Via D’Amelio
24 anni fa uno dei più terribili attacchi della mafia si consumava a Palermo. Era il 19 luglio 1992 e in Via D’Amelio il giudice Paolo Borsellino fu brutalmente ucciso, insieme a 5 dei 6 agenti della sua scorta. Agostino Catalano, Emanuela Loira, Vincenzo Li Muli, Claudio Traina e Walter Eddie Cosina furono spazzati via in un frammento di secondo dallo scoppio di una bomba, piazzata lì apposta per colpire il magistrato.
Borsellino aveva paura nei giorni, nei mesi precedenti la morte. Il collega Giovanni Falcone aveva perso la vita nel maggio dello stesso anno, mostrando non solo la brutalità di Cosa Nostra, ma facendo mancare la terra sotto i piedi del fronte antimafia. Borsellino sapeva di essere in pericolo, sapeva che molto probabilmente presto sarebbe toccato a lui, in una roulette russa impietosa. Eppure non ha mai smesso di fare il proprio lavoro, di combattere.
Le ombre intorno alla strage, però, sono ancora molte. Tra le tante, anche quella sulla famosa agenda rossa, dove Borsellino appuntava tutto, in modo maniacale, negli ultimi mesi della sua vita. La figlia sostenne fin dal giorno dopo l’attentato di aver visto il padre inserire l’agenda rossa nella borsa prima di uscire. Eppure non è mai stata ritrovata, nella 24 ore non ce n’era più traccia. La Procura di Caltanissetta nel 2006 aprì un’indagine sulla scomparsa di un oggetto tanto prezioso, che ancora oggi non è stato trovato. E che, invece, potrebbe finalmente portar luce su un percorso fatto di tante bugie.
di Angelica Basile