Giornalismo di servizio

claudioNei paesi anglo-sassoni, il giornalismo è definito il cane da guardia del potere. In Italia, il giornalismo è il cane da compagnia del potere. Una notevole differenza. Negli Usa, il giornalismo è sostanza. In Italia, il giornalismo è apparenza.
Sul finire della guerra fredda, si raccontava la barzelletta del giornalista americano e di quello sovietico che si incontrano a un summit Usa-Urss. L’americano si vanta col collega: “Vedi, noi siamo una grande democrazia perché io posso scrivere che Reagan è uno stronzo e non mi succede niente”. E il sovietico: “Ma anche la nostra è una grande democrazia: infatti posso scrivere che Reagan è uno stronzo e non mi succede niente”.
Nella Russia di Putin è ancora così. Nell’Italia di Renzi è così. Tutti scrivono che Di Maio, leader del Movimento 5 Stelle, è bugiardo, ma nessuno scrive che il capo del governo è bugiardo. Tutti scrivono sui rari casi di indagati dei cinque stelle, nessuno scrive che nel Pd ci sono decine di indagati, molti condannati, alcuni al governo. Nessuno scrive che nel Ncd, del ministro degli Interni Alfano, ci sono più indagati che elettori.
Giornali e Tv non né parlano, oppure fanno alcuni fugaci accenni. Ma i servizi a titoli cubitali sulla giunta Raggi e su Roma, sono assordanti. Nessuno scrive più di Mafia capitale e del malaffare che ha colpito le ex giunte Alemanno e Veltroni. Ricordate la foto, imbarazzante in cui sedevano al ristorante, Alemanno, Buzzi, Marroni ed altri commensali, di destra e di sinistra? Ricordate le intercettazioni: “Si guadagna di più con gli immigrati che con la droga?”.
Da due mesi il caso Roma domina su Tv e giornali, ma nessuno scrive che Sala. Il sindaco di Milano era ineleggibile, per conflitto di interessi e che era pure indagato. Il sindaco di Roma non lo è. Scriviamo questo, perché crediamo che il giornalismo non deve fare sconti a nessuno. Crediamo che l’etica del giornalista imponga di scrivere la verità, anche quando, magari, va contro le nostre simpatie politiche. Il dovere del giornalista, non è scrivere per simpatia, ma di essere veritiero nel raccontare i fatti. Stampa Critica, sceglie di “essere il cane da guardia del potere”.
Allora per noi è più importante scrivere di crisi economica, di migranti, di caporalato, di sfruttamento delle risorse del terzo mondo e d legalità e di corruzione. Spostano l’attenzione, dai problemi reali, alle questioni, si importanti, della giunta Raggi, ma non primarie come la crescita zero, il flop del Jobs Act, del crollo dei contratti stabili, degli affaristi che occupano il ponte di comando di Palazzo Ghigi.
Lucia Aleotti, presidente del colosso farmaceutico Menarini, imputata per riciclaggio e frode fiscale, tant’è che pochi giorni fa è stata condannata a 10 anni e mezzo per aver sottratto 860 milioni di euro allo Stato, non è amica di Di Maio, anzi frequenta Palazzo Ghigi ed il premier Renzi.
Se era amica di Di Maio, giornali e Tv avrebbero titolato: “Condannati gli amici evasori di Di Maio”. Ma nessuno ha scritto che gli Aleotti sono intimi del premier, però ci fanno credere che il problema sia la Muraro (manager Ama) non gli 860 milioni di euro sottratti alle casse dello Stato dalla Aleotti, amica di Renzi.
Il giornalismo di servizio non rende un favore al pubblico, non sveglia le coscienze, non racconta i fatti, fa solo da tappetino ai poteri forti, siano essi politici che economici. Il giornalismo cane da guardia non fa sconti a nessuno, sceglie di stare dalla parte della verità raccontando ai lettori il malaffare dei poteri e le connivenze che tolgono ai poveri per arricchire i ricchi.

di Claudio Caldarelli

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