L’inferno delle miniere cinesi
Una delle principali regole a cui deve attenersi un buon giornalista consiste nella prossimità geografica dell’evento. “Un disastro che coinvolge un minor numero di persone ma avviene in un luogo geopoliticamente o culturalmente vicino è più notiziabile di un evento analogo accaduto più lontano” recita la legge di McLurg, dal nome del giornalista che l’ha ideata. “In un disastro una vittima europea equivale a 28 cinesi”, continua cinicamente la nota. Così, capita spesso che notizie sconvolgenti non vengano trattate dai media nostrani perché i fatti sono accaduti in terre troppo lontane per destare il nostro interesse.
La notizia di oggi, però, compare sulle prime pagine dei quotidiani nazionali e nessuno, in questo caso, ha infranto la famigerata legge di McLurg.
Trentatré minatori cinesi sono rimasti intrappolati in una miniera di carbone, in seguito ad un’esplosione di gas che ha trasformato un pozzo di carbone in una prigione, forse in un cimitero. E non importa se il fatto è accaduto nella provincia di Chongquing, di cui quasi nessuno conosce il nome. Solo due settimane sette minatori cinesi avevano perso la vita ma il numero delle vittime non onorava la proporzione dei 28 a 1 e la notizia è rimasta relegata alle pagine dei giornali orientali.
Oggi l’Occidente apre gli occhi e prova sdegno e rammarico per le politiche della Repubblica Popolare che, nonostante le numerose chiusure di altre miniere considerate pericolose, continua il tragico conteggio dei morti del sottosuolo.
di Giovanni Antonio Fois