Ciao sono Fabrizia
C’è un filo che lega l’Europa, un filo invisibile che unisce in un destino comune città e nazioni distanti chilometri e chilometri. Nizza e Berlino. Francia e Germania. Distanti tra loro per storia e cultura, unite dallo stesso fato, se di fato si può parlare. Un tir scagliato a forte velocità su una folla inerme non è caso. È scelta. La scelta di fare più morti possibili. Nizza ottantaquattro e decine di feriti. Berlino dodici, tra cui io, e decine di feriti.
Persone comuni, ragazzi, bambini, donne, vecchi e uomini, capitati per caso lungo la traiettoria scelta dagli occhi assassini di chi teneva il volante. Io ero sulla sua traiettoria ero negli occhi di quel ragazzo 24enne, un tunisino, Anis Amri che aveva scelto l’Europa per i suoi progetti di morte. Io no. Io avevo scelto di essere europea per i miei progetti di vita.
Sono Fabrizia Di Lorenzo, italiana, abruzzese, di Sulmona. Morta a Berlino per mano di un terrorista, uno jihadista, sostenitore, fautore della guerra santa dei musulmani contro gli infedeli. La strage che ha fatto è stata rivendicata dall’Isis, l’autoproclamato Stato Islamico. Amri ventiquattro anni e già tanto odio contro il genere umano.
Sono Fabrizia Di Lorenzo, trentuno anni. Ho lasciato l’Italia per un futuro migliore. Ho fatto sacrifici per riuscire a meritarmi il mio futuro. Ho studiato, tanto. Mi sono laureata in Relazioni Internazionali e Diplomatiche. Ho sempre avuto la passione per i diritti umani. Ho completato gli studi nella Freie Universität di Berlino, orientati proprio all’integrazione tra i popoli e alla lotta alla discriminazione. Lavoravo per la 4Flow, un’azienda di consulenza tedesca. Oltre l’italiano, parlavo il tedesco, l’inglese e con orgoglio anche l’abruzzese, il dialetto della mia terra.
Sono Fabrizia Di Lorenzo e lunedì il 19 dicembre ero a fare i regali di Natale in quel mercatino. Sì, quel mercatino di Natale, quello allestito a Breitscheidplatz a Charlottenburg. Faceva freddo erano quasi le venti. Un altro giro dicevo e poi vado, torno a casa. Alle venti e qualche minuto un ruggito, il caos, bancarelle spazzate, corpi sbalzati e….. il buio. Di colpo venivo strappata alla vita. Non sono riuscita ad evitare quella massa di acciaio, che con il suo enorme peso mi era piombata addosso. Si è così spenta la luce dei miei anni.
Sono Fabrizia Di Lorenzo, sono tornata a Sulmona, la mia città, nel mio Abruzzo, nella mia Italia. Sono tornata ma non viva. Batte la campana del Duomo di Sulmona. Batte il tempo della vita che non ho più. Avevo tanta voglia di vivere. È venuto pure il Presidente della Repubblica Italiana alle mie esequie. Sono venuti al mio funerale. Quando sono partita, non c’era lo Stato, forse perché lo Stato non riesce a dare futuro ai giovani.
Sono Fabrizia Di Lorenzo, questi sono i miei funerali, avrei voluto un destino diverso, ma questo non si sceglie mai. Le parole del Vescovo di Sulmona echeggiano nel Duomo, “Fabrizia amava la vita con grandi ideali e forti valori. Ha dovuto lasciare questa terra che non riesce a dare speranza a questi giovani per il lavoro. Di fronte al mistero della morte la nostra ragione si ferma e resta smarrita. Anche noi oggi siamo qui a piangere la nostra sorella e amica Fabrizia. Il dolore ci ricorda che siamo figli adottivi di Dio e fratelli di Gesù che ha sofferto la passione, è stato crocefisso e ha sofferto per i nostri peccati. Dona conforto ai tuoi genitori guarda i giovani e questa nostra terra. Prega per loro e fa loro capire quanto è prezioso il dono della vita perché tutti diventino ambasciatori di pace”.
Sono Fabrizia Di Lorenzo, penso ad Amri, ventiquattro anni e già tanto odio contro il genere umano, penso a lui che ha seminato la morte e che ha trovato egli stesso la morte, vorrei dirgli se ne valeva la pena. La guerra in Siria non è terminata, ad Aleppo muoiono ancora civili e bambini, e così si muore per mano dell’Isis, dei russi, degli americani, e di chi pensa che il mondo sia come il risiko. Un mondo di uomini che uccidono altri uomini, un mondo dove non si capisce il vero valore della vita. Diceva Papa Wojtyla – i bambini che hanno visto la guerra sono l’unica speranza di pace.
Sono Fabrizia Di Lorenzo, avevo tanta voglia di vivere.
di Maria De Laurentiis