Clan Fasciani: il metodo è mafioso

A Roma la Mafia è esistita ed esiste.

Ad Ostia la Mafia è esistita ed esiste. Autoctona, non eterodiretta ma gestita direttamente dalle famiglie locali.  Carminati, Fasciani, Senese, Casamonica, i quattro re di Roma, come vengono definiti da Lirio Abbate nella nota inchiesta condotta per L’Espresso.

Ostia, in particolare, costituisce una sorta di microcosmo alle porte della Capitale. Dalla zona di San Paolo, attraverso la Cristoforo Colombo fino al litorale a comandare è il clan dei Fasciani. Insieme a loro la famiglia Triassi e, dopo la rapida ascesa degli ultimi anni, la famiglia Spada. Il leader indiscusso è Carmine Fasciani, figlio, come buona parte dei boss di Roma, della Banda della Magliana.

I Fasciani ad Ostia gestiscono tutto. Stefano Cassia, il primo pentito della mafia romana, in una delle sue deposizioni riferiva che “Per quanto riguarda cocaina e l’ usura a Ostia se ne occupano i Fasciani […] in questo territorio nemmeno i calabresi possono entrare, possono solo chiederla (la cocaina) a Carmine Fasciani ma non possono portarla a Roma”. I Fasciani, come i Casamonica, pestano. Se decidono che un’attività deve essere la loro il titolare ha una sola via d’uscita: cederla. Il pizzo, sempre secondo Cassia, “potrebbero pure fare a meno di chiederlo , ma lo fanno ad Ostia per ricordare a tutti il loro titolo mafioso”.

Eppure su quel “titolo mafioso”, pare siano ancora in tanti a nutrire dubbi.  Lo stesso processo che vede coinvolto il clan del litorale romano non fa altro che riflettere questo rifiuto. Lo scorso Gennaio, il Pg Giancarlo Amato, durante la sua requisitoria,  sottolineava come “Questo antistato chiamato mafia ha per anni terrorizzato cittadini, commercianti e professionisti del litorale”. In quell’occasione per gli imputati vennero richiesti, in totale, 200 anni di reclusione. La pena più dura fu quella richiesta per Don Carmine, 27 anni e 9 mesi di carcere per associazione mafiosa. Una manciata di mesi dopo, il 416 bis, magicamente, decade. La seconda Corte d’Appello di Roma decide che quella dei Fasciani ( e dei Triassi) non è mafia. L’accusa è quella di semplice associazione a delinquere. A settembre i giudici di II grado confermano, i fatti sono gravi ma non si può parlare di mafia. Secondo il Presidente Claudio Tortora a mancare nel tessuto sociale di Ostia sono quella pervasività, quel clima di intimidazione e di assoggettamento che caratterizzano le zone inquinate dalla mafia. In pratica il X Municipio è stato sciolto per caso, i proprietari di stabilimenti, locali e ristoranti sono stati presi a mazzate per iniziativa di qualche testa calda  e ad Ostia è possibile trattare coi Fasciani come con qualsiasi altra persona del posto. È servita la sentenza di appello di un altro processo a carico della famiglia Fasciani, quello relativo  alla fittizia intestazione di beni, perché, finalmente, si tornasse a definire quella dei Fasciani per ciò che è : mafia.

 Il processo è iniziato a  seguito dell’Operazione Medusa con la quale, lo scorso 24 Giugno, la Direzione Distrettuale Antimafia ha potuto ordinare il sequestro di numerose attività intestate a teste di legno ma riconducibili ai Fasciani.  Le pene richieste in I grado per Carmine Fasciani, sua moglie Silvia Bartoli e la figlia sono  diminuite ma resta salda quell’accusa per associazione mafiosa gravemente accantonata nel processo principale. È lo stesso Pg Otello Lupacchini che, in questa sede, torna a scagliarsi contro la sentenza emessa dai giudici di appello, riferendosi ai Fasciani come ad una “ espressione di temibile forza criminale e di quella pervasività che la Corte nega contro ogni evidenza”.

Non si può continuare a commettere l’errore di non dire una volta e per tutte che quella di Roma e di Ostia è mafia. La mafiosità del metodo viene ora, nuovamente, riconosciuta in un processo “secondario” ma cosa significa disconoscere l’esistenza della mafia ad Ostia nel processo cardine? Probabilmente con troppa superficialità si sono presi in considerazione gli effetti che questa sentenza potrà avere sul processo a Mafia Capitale. È da troppi anni, decenni, che i mafiosi di Roma e dintorni  si salvano dal 416 bis.

di Martina Annibaldi